Passa ai contenuti principali

I ♥ NY «... in cinese ny è 'tu'. Credevo che voleva dire 'Io amo tu'»

Sto ricominciando a prendere strani fusi orari... stasera ho dormito (malamente, così almeno dicono le mie vertebre cervicali) dalle 9 e mezza fino alle 11 meno un quarto, mò me ripijo e sono pronta a stare sveglia (forse, perché l'abbioccarella quando arriva arriva) fino a ore tarde per giuste cause.

E così prima di rimettermi a leggere teutonici saggi, devo, devo, assolutamente devo dire qualcosa sull'ultimo libro, che ho finito di leggere ieri notte all'1.30, che ormai dovevo finirlo, anche se gli occhi si incrociavano ed erano rossi quanto la copertina del romanzo stesso...

Bello, il più bel libro che abbia letto negli ultimi non so quanti anni. Ma di gran lunga. Tutto è iniziato quando mi sono ritrovata seduta sulla poltroncina della Feltrinelli, assolutamente rapita, ipnotizzata, con le pupille incollate alle parole, e alle foto anche, di Molto forte, incredibilmente vicino, che credo sia l'ultimo (non mi pare ne abbia ancora scritti altri, ma non ne sono certa), nonché - udite udite - secondo romanzo di Joanathan Safran Foer, giovane scrittore statunitense (classe 1977!). Il primo (che ho comprato ma ancora non letto) si intitolava Ogni cosa è illuminata, ne hanno tratto anche un film (che non ho né comprato né visto).
Ma questo suo secondo romanzo, oh ragazzi, questo è magnifico. Non so nemmeno cosa dirvi, se non "leggetelo!". Ecco naturalmente dato il mio entusiasmo vi pensate chissà che, e poi magari per questione di gusti non vi piace, ma so di non essere l'unica ad esserne rimasta affascinata.
L'ambientazione è una New York post 11 settembre. Ma anche una New York pre 11 settembre. Sì, anche una New York dell'11 settembre... alle ore 8.52, alle ore 9.12, alle ore 9.31, alle ore 9.46 e alle ore 10.04. Ma è anche una New York anni '60. E anche una Dresda della Seconda guerra mondiale. Più piani, passato e presente che si intrecciano: il presente di un bambino, un bambino davvero formidabile. È un affondo di coltello nel cuore assistere prima al dolcissimo e direi geniale rapporto tra padre e figlio nelle prime pagine, per poi vedercelo portare via da sotto gli occhi... sì pure a noi che stiamo leggendo... quanti rapporti sono stati distrutti così dalle guerre nei secoli? Be' qua ne vediamo uno. A dire il vero ne vediamo più d'uno, perché si sa, la storia si ripete, anche nella stessa famiglia la storia si ripete, e non serve andare ad un passato molto lontano per trovare altri rapporti spezzati, bombardati. E rapporti nuovi che non si possono costruire a causa di bombe invisibili. E Foer ce le racconta attraverso lettere scritte e mai spedite, lettere mai scritte, parole mai scritte in una macchina da scrivere senza carta, attraverso il diario di un uomo che non parla più, non può, e alle persone che incontra si rivolge tramite un quadernetto, dove scrive le frasi che la sua voce ormai rotta, proprio rotta che non si può più aggiustare, non riesce a pronunciare. E a volte alla fine della giornata il quaderno non basta, e per dire tutto quello che vorrebbe non ha abbastanza spazio e abbastanza tempo, mai.
Ma la storia principale rimane quella del bambino, che noi lettori dopo quella morte improvvisa seguiamo in una ricerca per tutta la città di New York, una ricerca che dura mesi, che sembra far parte di quei giochi, quegli enigmi che il papà lo spingeva a risolvere... un grande indovinello, questo, un indovinello amplificato all'ennesima potenza: dov'è mio papà, la bara seppellita è vuota, com'è morto in realtà, era salito sul tetto? era rimasto sotto? o forse si era buttato? e dove porta, cosa apre quella chiave che ho trovato nello sgabuzzino...
Sì lo so, è una storia molto triste, toccante davvero, a volte quel ragazzino dice delle cose... io non sono una sentimentalona, ma vi assicuro che mi veniva da piangere, a volte, mentre leggevo. E non è per niente un libro scontato, niente sentimentalismi facili, in certi punti fa pure tanto ridere...

... anche se le scarpe rimangono pesanti, pesantissime.

Commenti

Anonimo ha detto…
E' sempre difficile fare previsioni sui gusti letterari di una persona che non si conosce, ma, dopo questo post, penso che potrebbe piacerti
"La famiglia Winshaw" di Jonathan Coe.
Miky ha detto…
eheh già letto a dire il vero.. ^__^
Anonimo ha detto…
il film ogni cosa è illuminata è molto bello..non perdertelo. poetico!
Boy? ha detto…
Mi hai convinto.
Comprerò.

Post popolari in questo blog

Il mondo muto di Hector Mann

Insomma, Paul Auster. Il libro delle illusioni . David Zimmer è un professore universitario che d'improvviso perde tutto ciò che ama, in un modo che naturalmente sottolinea attraverso una serie di coincidenze: se non avessi, se l'insegnante di mio figlio non avesse, se... Ma è andata come è andata. Si rinchiude nel suo dolore e nelle bottiglie di whiskey quando, un giorno, guardando a caso una scena di un film muto, ride. Allora non tutto è perduto!, pensa. Sono ancora vivo. E così cerca di scoprire qualcosa su questo attore, Hector Mann, che è riuscito a farlo ridere in un momento tanto disperato. E scopre cose molto interessanti. Tipo che dopo il 1929 è sparito e di lui non si sa nulla. Sicuro come l'oro, ormai è morto. Decide di vedere tutti i suoi film, ma per farlo è costretto a viaggiare. E il fatto di dover anche prendere l'aereo non è cosa da poco, per lui. È interessante anche il suo incontro e dialogo con il dottor Singh, per farsi prescrivere de...

Tenacia

Solo io e le papere, ieri pomeriggio, imperterrite sotto la pioggia ai laghetti. Tenace è un aggettivo che mi piacerebbe mi venisse attribuito, non so quanto appaia all'esterno, anche se penso di sembrare meno tenace di quanto sia in realtà, o di quanto sia capace d'essere. Tenace sarà la mia parola di quest'anno, come aspirazione quanto meno, perché se non riesci ad attraversare tutto sempre con leggerezza, che è ciò che mi piacerebbe fare ma forse non è il momento giusto, allora è al tener duro che voglio aspirare. Forse mi prendo una pausa dal blog, che non importa a nessuno, ma devo dirlo a me stessa perché è sempre stato un bel rifugio ma ora non lo sento più così. Mi ci sento legata ma in questo momento il legame ha anche un sapore negativo, che non sto a spiegare, e credo di avere bisogno di liberarmene per un po'. Non un addio, solo un "non lo so". Ciao

Tuffi

Cercando un'informazione di cui avevo bisogno fra i messaggi WhatsApp con mio marito, ho trovato conversazioni risalenti a una delle tante vita di prima, più precisamente quella in cui nostra figlia era molto piccola e io lavoravo solo il pomeriggio. Trascorrevamo le mattinate insieme, inforcavo la bici e la portavo al parco, tornavamo a casa e faceva un riposino mentre preparavo il pranzo, insomma, tutte quelle cose che mi sembrano lontane anni luce, ormai. È stato un momento molto tenero, con svariati piccoli tuffi al cuore al comparire di una foto di lei addormentata sul divano mentre guardava George la scimmia o di quando ancora mangiava il pesce senza lamentarsi. Durante le vacanze, un giorno eravamo in acqua a San Vito lo Capo e Ale le stava facendo fare i tuffi in acqua, a proposito di tuffi, e a un certo punto ha detto: "Godiamocela finché è ancora così, perché durerà ancora poco". Altro tuffo al cuore. Uccisa. Vacanza rovinata. Grazie tante. No, scherzo, però ci ...