Visto? nomino una cosa e succede un macello. Infatti ho nominato il Taj Mahal nel post precedente. E non vi dico che il famoso 26 dicembre del duemila e buh, ho sognato lo tsunami la notte in cui è avvenuto. Tanto non ci credereste eppure è vero.
Bando alle ciance. Se nomino qualcosa e succedono guai, credo che i miei post in linguistica verrebbero definiti qualcosa come "atti performativi" ma non ci metto la mano sul fuoco, uno perché ci tengo alle mie mani, e due perché l'esame di linguistica (nonché quello di filosofia del linguaggio) l'ho dato un bordello di tempo fa e non trovo nemmeno più i libri per andare a controllare.
Se parlo di J.D. Salinger e per caso nei prossimi giorni dovesse morire chiudo il blog. GIURO! Anche se in effetti uno stronzo come Salinger che ha la capacità di scrivere così da dio e poi sparisce a vivere da eremita senza scrivere più niente (anche se pare stia scrivendo qualcosa da secoli ma probabilmente nulla verrà pubblicato se non dopo la morte...), insomma diciamo che se muore e il suo testamento dice che si può pubblicare l'ultimo, segretessimo manoscritto (ammesso che esista sul serio eh!), ed è pure bello, be' allora posso anche dire di aver reso un certo servigio all'umanità e il blog resterà. Forse. Speriamo comunque che Salinger, fobico com'è, si tocchi spesso e periodicamente gli zebedei al fine di scacciare la sfiga (perché anche Cesare lo diceva: in omnia pericula tasta testicula).
Lo so, Il giovane Holden (The Catcher in the Rye) non piace a tutti. Lo so, Baricco è quello che osanna tanto questo libro, e Baricco ci (plurale alla MagoOtelma) sta un pochetto sul gozzo. Però io adoro come scrive, soprattutto dopo aver letto l'originale, e soprattutto dopo aver letto altri racconti, sempre in originale. Per chi fosse interessato c'è credo più o meno tutto qui: http://www.freeweb.hu/tchl/salinger/
In questo sito oltre al suo romanzo famoserrimo, trovate Franny and Zooey, Nine Stories più un sacco d'altra roba: i racconti brevi, pubblicati in vari giornali e quotidiani negli anni 30 e 40 e 50 e forse pure 60, non sono stata a guardare più di tanto le date ^_^
Se posso consigliare (posso sì, il post è mio e me lo gestisco io!) leggete senz'altro The Heart of A Broken Story, una storia d'amore sui generis non c'è che dire, e con un po' di metanarrativa che ci sta sempre bene. Anche Both Parties Concerned mi ha preso molto. E poi uno dei racconti, ma non vi svelo il titolo, altro non è se non l'inizio di The Catcher in The Rye (interesting, isn't it? almeno filologicamente parlando...)
I racconti brevi mi hanno sempre affascinato (non proprio da subito però, ma perché ce n'è tanti davvero brutti), ma che voi sappiate anche in Italia ci sono giornali che ne pubblicano? Ma di belli, non le schifezze alla soap opera via o alla fotoromanzo-solo-senza-foto che ogni tanto si trovavano in qualche giornale del menga (tanto che non ricordo che giornali fossero). Altrimenti comunque ci rimane «The New Yorker» che è forse la rivista più famosa per questo genere di pubblicazioni, e ora c'è anche il link nel mio blog: sotto la voce Fiction&Poetry si trovano i racconti e altra literary stuff.
Dicevo il racconto breve: una volta non ero una grande appassionata, preferivo i romanzi lunghi che sviscerano storie anche non complicate ma ricche di vita. Però ci sono dei racconti che dicono tantissimo (proprio come ci sono dei romanzi che non dicono proprio niente di niente, tipo i film hollywoodiani con tutti gli effetti speciali, anche l'effetto serra e il butterfly effect ancora un po' [ma The butterfly effect era un bel film, non c'entra nulla...]). Quando la maestra Di Maggio alle elementari mi faceva fare i riassunti giuro che la odiavo, per questo ho poi preso la strada della logorrea (che, checché sembri, non è una malattia venerea...). Poi mi sono ricreduta. Perché qualcuno disse un giorno: se avessi avuto più tempo, avrei usato meno parole (forse non era proprio così ma something like that). E allora cito un post di un altro blog (quello del prof Carlo Bassi) perché c'è un racconto di Hemingway che ho letto proprio lì, oggi, ed è stata una microesperienza mozzafiato. Tipo da lasciarti un momento di sasso, veramente. Allora il nostro prof racconta che Hemingway aveva fatto una scommessa giurando che sarebbe stato capace di scrivere un racconto ricco di pathos usando solo sei parole. E ci riuscì infatti. Eccolo per voi:
«In vendita, scarpine bimbo, mai indossate».
Quando le sai usare sul serio le parole...
Bando alle ciance. Se nomino qualcosa e succedono guai, credo che i miei post in linguistica verrebbero definiti qualcosa come "atti performativi" ma non ci metto la mano sul fuoco, uno perché ci tengo alle mie mani, e due perché l'esame di linguistica (nonché quello di filosofia del linguaggio) l'ho dato un bordello di tempo fa e non trovo nemmeno più i libri per andare a controllare.
Se parlo di J.D. Salinger e per caso nei prossimi giorni dovesse morire chiudo il blog. GIURO! Anche se in effetti uno stronzo come Salinger che ha la capacità di scrivere così da dio e poi sparisce a vivere da eremita senza scrivere più niente (anche se pare stia scrivendo qualcosa da secoli ma probabilmente nulla verrà pubblicato se non dopo la morte...), insomma diciamo che se muore e il suo testamento dice che si può pubblicare l'ultimo, segretessimo manoscritto (ammesso che esista sul serio eh!), ed è pure bello, be' allora posso anche dire di aver reso un certo servigio all'umanità e il blog resterà. Forse. Speriamo comunque che Salinger, fobico com'è, si tocchi spesso e periodicamente gli zebedei al fine di scacciare la sfiga (perché anche Cesare lo diceva: in omnia pericula tasta testicula).
Lo so, Il giovane Holden (The Catcher in the Rye) non piace a tutti. Lo so, Baricco è quello che osanna tanto questo libro, e Baricco ci (plurale alla MagoOtelma) sta un pochetto sul gozzo. Però io adoro come scrive, soprattutto dopo aver letto l'originale, e soprattutto dopo aver letto altri racconti, sempre in originale. Per chi fosse interessato c'è credo più o meno tutto qui: http://www.freeweb.hu/tchl/salinger/
In questo sito oltre al suo romanzo famoserrimo, trovate Franny and Zooey, Nine Stories più un sacco d'altra roba: i racconti brevi, pubblicati in vari giornali e quotidiani negli anni 30 e 40 e 50 e forse pure 60, non sono stata a guardare più di tanto le date ^_^
Se posso consigliare (posso sì, il post è mio e me lo gestisco io!) leggete senz'altro The Heart of A Broken Story, una storia d'amore sui generis non c'è che dire, e con un po' di metanarrativa che ci sta sempre bene. Anche Both Parties Concerned mi ha preso molto. E poi uno dei racconti, ma non vi svelo il titolo, altro non è se non l'inizio di The Catcher in The Rye (interesting, isn't it? almeno filologicamente parlando...)
I racconti brevi mi hanno sempre affascinato (non proprio da subito però, ma perché ce n'è tanti davvero brutti), ma che voi sappiate anche in Italia ci sono giornali che ne pubblicano? Ma di belli, non le schifezze alla soap opera via o alla fotoromanzo-solo-senza-foto che ogni tanto si trovavano in qualche giornale del menga (tanto che non ricordo che giornali fossero). Altrimenti comunque ci rimane «The New Yorker» che è forse la rivista più famosa per questo genere di pubblicazioni, e ora c'è anche il link nel mio blog: sotto la voce Fiction&Poetry si trovano i racconti e altra literary stuff.
Dicevo il racconto breve: una volta non ero una grande appassionata, preferivo i romanzi lunghi che sviscerano storie anche non complicate ma ricche di vita. Però ci sono dei racconti che dicono tantissimo (proprio come ci sono dei romanzi che non dicono proprio niente di niente, tipo i film hollywoodiani con tutti gli effetti speciali, anche l'effetto serra e il butterfly effect ancora un po' [ma The butterfly effect era un bel film, non c'entra nulla...]). Quando la maestra Di Maggio alle elementari mi faceva fare i riassunti giuro che la odiavo, per questo ho poi preso la strada della logorrea (che, checché sembri, non è una malattia venerea...). Poi mi sono ricreduta. Perché qualcuno disse un giorno: se avessi avuto più tempo, avrei usato meno parole (forse non era proprio così ma something like that). E allora cito un post di un altro blog (quello del prof Carlo Bassi) perché c'è un racconto di Hemingway che ho letto proprio lì, oggi, ed è stata una microesperienza mozzafiato. Tipo da lasciarti un momento di sasso, veramente. Allora il nostro prof racconta che Hemingway aveva fatto una scommessa giurando che sarebbe stato capace di scrivere un racconto ricco di pathos usando solo sei parole. E ci riuscì infatti. Eccolo per voi:
«In vendita, scarpine bimbo, mai indossate».
Quando le sai usare sul serio le parole...
Commenti
Maiko
Grazie per il commento, a me è piaciuto molto sia il Dostoevskij "breve" de Le notti bianche che quello di Delitto e castigo. Di Tolstoj ho letto solo Anna Karenina, che ho trovato un po' noioso in alcune parti ma assolutamente geniale in altre. Sugli altri ancora non mi posso pronunciare ^__^
Se riesci, prova a concedergli una seconda possibilità. Io ho letto quasi tutti i suoi scritti e ho sempre pensato che Anna Karenina sia la sua opera meno riuscita.