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that's life

Circondata dai libri, ecco il mio posto preferito dove nascondermi. Dentro le pagine, dentro le parole. Anche dei libri che leggo per lavoro, quelli che leggo per piacere, con entusiasmo o svogliatamente, sulla carta, al computer o sul Kindle. È lì che mi nascondo, e suppongo non dovrei, ma è lì che finalmente respiro quando la vita sembra sul punto di volermi togliere il fiato, di lasciarmi ad annaspare mentre tento di capire. A volte capisco di più, a volte no, ma resta che nei libri è tutto più lineare, ci sono comunque parole concrete che esprimono cose precise, dalle linee più o meno contorte, magari, ma definite, visibili.
Di tutto il resto, invece, di quello che non è fatto di parole, capisco molto poco o così mi sembra, ed è per questo che a volte vengo qui a tentare di tradurlo. Tradurre la vita in parole per renderla meno spaventosa.
Quando arrivai in Austria la prima volta, una domenica con tutto chiuso, l'inverno ancora nel pieno seppur fosse fine febbraio, senza un alloggio per un errore amministrativo, la neve altissima sui bordi della strada, un freddo pungente in un silenzio ancora più pungente, mi aprirono la loro porta due persone: una violinista bizzarra e un ragazzo biondo in evidente hangover post festa del sabato sera. Il ragazzo si occupò di trovarmi un'alternativa provvisoria in un ostello vicino, la ragazza invece si occupò di una cosa molto più difficile: farmi sentire meno sola. Mi invitò nel suo appartamento per pranzare insieme a lei, mi diede qualche indicazione sui dintorni e mi disse una cosa che non dimenticherò: se quando hai un problema immagini di proiettarlo su una parete, come fosse una parola o un'immagine, guardandolo ti sembrerà più piccolo e farà meno paura.
Rendere le cose meno spaventose di quanto non mi sembrino, a volte mi pare sia questo, tutto considerato, la vita.

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