In questo periodo di grandi incertezze, ci sono pochi momenti che mi rimettono in pace con il mondo come quando leggo, quando sto con la mia famiglia, quando passeggio in montagna o comunque in mezzo alla natura. Sto con la mia famiglia sempre, più o meno, ma ci sto veramente quando dimentico di avere uno smartphone. Quindi ciò che accomuna le tre attività, oltre al piacere in sé di farle, è stare lontana dalle distrazioni digitali.
A questo proposito, ho letto un saggio molto interessante che si intitola 8 secondi, di Lisa Iotti (ilSaggiatore).
Il titolo rimanda alla convinzione diffusa che l'attenzione di un pesce rosso su una cosa duri non più di 8 secondi: a quanto pare ci stiamo avvicinando pericolosamente a quel record negativo. L'autrice ha fatto delle ricerche, recandosi in diversi istituti dove scienziati stanno cercando di capire quali possano essere gli effetti a lungo termine dell'uso sempre più massiccio di smartphone e social network. Lo consiglio davvero a tutti, soprattutto a chi soffre di dipendenza da notifiche, si distrae continuamente durante la giornata, cerca la ricompensa a breve termine che dà l'uso di internet (sì, ogni volta che entriamo in un social, leggiamo una notifica, cerchiamo una cosa per poi perderci nel mare delle informazioni, riceviamo una ricompensa in dopamina. Ma anche molto stress per il nostro cervello). Una fra le cose più allarmanti la riscontro nella vita di tutti i giorni: la mancanza di consapevolezza di quando si sta facendo un errore, data dalla poca abitudine a ragionare. E la poca abitudine a ragionare è conseguenza dell'avere sempre le informazioni disponibili sullo smartphone: ogni volta che demandiamo a una macchina una cosa che prima faceva il nostro cervello, il cervello perde una funzione. Basti pensare al senso dell'orientamento e l'uso di Google Maps. Si sta disimparando a ragionare, a collegare le cose, ad aspettare per poter ottenere. Oltre a perdere la capacità di concentrazione. «Il problema è che la facilità di accesso alle risposte ci ha fatto credere che le risposte siano facili: ci siamo convinti di sapere molto più di quello che sappiamo, di avere ragione. E credere di avere ragione è di solito la via più breve per avere torto».
Si parla di molto altro in questo libro, non è per niente noioso anche perché l'autrice non è la bacchettona che ci fa la lezione, ma è un essere umano pienamente dentro alle dinamiche dei giorni nostri e, ho scoperto, anche molto peggio di me (che comunque con i digital device mi sono data abbastanza una regolata. Ma si può fare meglio).
Crepitio di stelle è l'altro romanzo letto di recente, e sono contentissima di aver scoperto (ma qui devo ringraziare i social, che dai, qualcosa di buono ogni tanto lo fanno, se segui le persone giuste) questo autore, Jon Stefansson, scrittore islandese che mi ha proiettato in un tipo di narrazione molto poetica che ha messo in moto alcune cose del mio cervello che forse sì, erano sopite per diabitudine a un racconto meno descrittivo e più evocativo. Leggerò senza dubbio altro di suo.
Sto finendo i racconti di Shirley Jackson, raccolti in La luna di miele di Mrs. Smith: la Jackson per me ormai è una garanzia fatta del giusto mix di umorismo (nero) e atmosfere inquietanti, in più i racconti mi mettono in pace con me stessa quando mi resta solo poco tempo per leggere la sera, perché so di riuscire a iniziare e finire qualcosa senza metterci troppo tempo nel mezzo.
Adesso devo scegliere quale sarà la prossima lettura, spero di trovare qualcosa di bello bello perché gli ultimi mi hanno portato ad avere aspettative altissime.
E per quanto riguarda le altre certezze della vita alle quali posso ancora aggrapparmi, ci sentiamo nel prossimo post.
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