Ieri sera, quando sono andata a letto ancora piena delle parole di Shirley Jackson e delle atmosfere di Herman Koch (sì, leggo più libri contemporaneamente, di solito), avevo già in testa di scrivere questo post, oggi. E nonostante il tempo scarseggi, sono felice di aver trovato un po' di tempo per scrivere, e forse quest'anno mi piacerebbe riuscire a farlo più spesso (forse però me lo dico ogni anno); in fondo mi rendo conto che un certo tipo di comunicazione immediata (stories su Instagram, per esempio) mi piacerebbe ma ci sono ostacoli che non me la fanno sentire mia. Forse preferisco questa comunicazione più pensata e meno immediata anche se ormai fuori moda, anche se ormai leggono in tre, anche se non so che fine farà a un certo punto questo blog e quello che ci ho lasciato scritto. Ma mi è di stimolo a lasciar scritto, e non mi pare cosa da poco.
La mia vita mentale è stata parecchio attiva durante queste vacanze, soprattutto perché la vita fisica aveva importanti limitazioni. Non potersi muovere dal proprio comune significa niente passeggiate in montagna, niente gite fuori porta, niente giri dai parenti (siamo andati solo in un'altra casa poco dopo Natale, per il resto sono venuti da noi tre parenti in tre giornate diverse e poi basta). Quindi le giornate andavano avanti pigre e lente, e per fortuna che mia figlia ha deciso che era bello starsene a dormire fino anche le dieci... Non capitava da un bel po'!
Ho letto molto, e infatti ho finito Epepe (somma gioia, nessuna delusione per quanto mi riguarda), Paranoia di Shirley Jackson e ho iniziato La cena di Herman Koch. E sono entusiasta di tutte e tre queste scelte.
Shirley Jackson per quanto mi riguarda è stata una scrittrice coi fiocchi. Una di quelle che, davvero, senza voler essere retorica "alla Giovane Holden", ti piacerebbe conoscere e parlarci un po'. Le sue storie, i suoi racconti, sono cupi e parecchio inquietanti ma allo stesso tempo intrisi di un'ironia che illumina tutto l'insieme. In Paranoia ci sono tre racconti e una serie di frammenti autobiografici che fanno spezzare dal ridere (i frammenti autobiografici, non i racconti). Shirley Jackson era una donna con una fantasia davvero spiccata e una grande capacità di raccontare storie. Quelle che ti prendono e ti tengono lì dall'inizio alla fine, anche quando scavano negli incubi delle persone. Ed era una donna che scriveva quando poteva, e siccome passava la giornata a fare altro (un marito, quattro figli, due alani, svariati gatti, forse da qualche parte anche un pesce rosso) i racconti scaturivano da qualunque cosa. Una passeggiata fuori col passeggino, il momento in cui separava i panni da lavare, mentre aveva le mani nell'acquaio pieno di stoviglie da lavare. Aveva una predilezione per i simboli e il soprannaturale, delle fissazioni tutte sue e un'ironia e un'autoironia invidiabili. Io la amo molto, e me ne sono innamorata (letterariamente parlando, s'intende) la prima volta che ho letto The lottery sul New Yorker. Sì, vi lascio il link, lo trovate qui.
Passiamo all'olandese Herman Koch e La cena. Esiste un film tratto dal libro e sono felice di non averlo mai visto. Quando nel gruppo FB "Leggo letteratura contemporanea" qualcuno ha parlato di questo romanzo mi ha ricordato Carnage, il film di Polansky che visto qualche anno fa e che ho adorato. L'atmosfera di La cena in effetti è molto simile: ci sono due coppie a cena insieme, il punto di vista del racconto è di uno dei due uomini che descrive non solo quanto sta avvenendo ma anche la natura del suo rapporto con queste persone e in particolare con l'altro uomo, che poi è suo fratello. Un personaggio parecchio fastidioso, era dai tempi di Stoner che non mi veniva voglia di picchiare sonoramente un personaggio di un libro (nel caso di Stoner, la moglie). Sono anche qui ancora all'inizio quindi non so quale sarà la causa scatenante di qualcosa, perché è evidente che qualcosa sta per scatenarsi, una cosa che ribolle da sotto le buone maniere di una cena al ristorante. Vedremo, e non vedo l'ora. Mi sento felice come una bambina quando trovo libri che mi fanno questo effetto, come se si prolungasse il Natale.
Per il resto, anche se avevo già cominciato a lavorare un po' il 4 e il 5 gennaio nel pomeriggio, oggi è stato il primo vero giorno: levataccia per portare Dafne a scuola e ritorno davanti al computer a pieno ritmo. Anche se non amo bilanci e buoni propositi un po' mi è venuto da farne, durante queste vacanze: lasciamo perdere i bilanci del 2020 che è stato un anno folle, il 2021 lo sarà comunque per forza di cose, almeno in parte, sarebbe bello meno, forse invece anche di più. Ma la novità è che durante le vacanze sono andate a correre ben tre volte e non mi è dispiaciuto. Da qui a farne un buon proposito per l'anno nuovo però ce ne passa. L'altra cosa che sono inaspettatamente riuscita a fare è stata stare un po' meno sui social. Dico inaspettatamente perché con la pioggia fuori e ben poco altro da fare... però avevo pur sempre una figlia appiccicata alle gambe, con la quale ho dovuto giocare, cucinare, andare al parco per incontrare la nuova amica del cuore. C'è stata la neve (poca), un mezzo litigio (brevissimo), tanti regali (tentativo evidente di sopperire alla mancanza di altre esperienze), qualche film, poche serie tv, moltissimi libri (anche per bambini), molta pioggia, troppi dolci e parecchio vino.
A proposito di film, l'ultimo dell'anno siamo riusciti a far stare sveglia mia figlia fino a mezzanotte e brindare noi tre insieme (Samu non era con noi purtroppo). E tutto grazie a Hook, il film di Spielberg sì: da quando Dafne ha la passione per Peter Pan non aspettavo altro che farglielo vedere (e rivederlo). A quanto pare è diventata abbastanza grande da seguirlo dall'inizio alla fine, anche se eravamo a ridosso della mezzanotte.
Io che sono un essere molto razionale e pragmatico e non credo in cose come i tarocchi, ho chiesto a una tipa simpatica che seguo su Instagram quale sarà la mia parola del 2021. Mi è saltato fuori creatività, e siccome queste cose le prendo più come un'ispirazione che come una previsione (in cui non credo), penso che proverò a farci qualcosa con questa parola, per vedere se può calzare in questo mio 2021.
Insomma, queste vacanze sono state una buona pausa, comunque, una pausa di cui avevo bisogno, e anche se mi sale l'angoscia ad affrontare un altro anno inevitabilmente difficile devo dire che non ho perso ottimismo e voglia di lanciarmi e di fare. Cose che spero davvero trovino riscontro nella realtà.
Baci a tutti, a presto!
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