Stamattina avevo qualche ora buca, e a parte qualche faccenda domestica mi sono messa a cancellare le email più vecchie per liberare un po' di spazio, fare un po' di ordine.
Non sono capace di cancellare l'ultima email che mi inviò mio papà. È di qualche giorno dopo la mia laurea, qualche mese prima che iniziasse a stare male.
È l'unica comunicazione tangibile, è una frase scritta che è come se lo rendesse vivo all'improvviso. E anche se le foto non posso più scaricarle (ma credo di averle comunque in giro da qualche parte) le parole, un semplice messaggio che mi comunica che in allegato ci sono le foto del giorno della discussione della tesi... non lo so, è una sensazione strana. Di nessun defunto a me conosciuto ho cose del genere, email con parole che sembrano renderle di nuovo vive.
Esiste un libro che parla di questa cosa, credo risponda a una domanda che a volte mi sono chiesta pure io: che fine fa tutto il materiale digitale di una persona quando quella persona muore? Rimane lì per un pezzo, suppongo, a meno che il defunto in vita non abbia dato disposizioni diverse. Immagino i blog, o le pagine sui social, insomma... è una cosa strana, inquietante direi e forse è per questo che non ho comprato Il libro digitale dei morti, che pure quando ho visto in vetrina qualche anno fa mi aveva incuriosito.
Mio papà però se n'è andato prima che i social arrivassero agli ultracinquantenni, e di certo in pochi anni tante cose sono cambiate. Forse avremmo comunicato di più, visto che non facevamo grandi discorsi e fra di noi le cose sarebbero state diverse. O forse lo sarebbero state solo perché ora sono più grande, tanto più grande, oh qui il tempo vola e sono più vicina ai quaranta che ai trenta, ridi e scherza.
Anche se quando mi penso mi penso sempre come la ragazza di vent'anni con tanta paura di restare sola, di essere abbandonata, di non trovare un posto... E anche se quelle paure ora non ci sono più, almeno di solito, rimane sempre quella sensazione destabilizzante che di punto in bianco tutto possa cambiare.
Quando avevo sui vent'anni e volevo andarmene via di casa perché non mi andava più bene niente ma in realtà non mi sentivo abbastanza in gamba per farlo, ogni lunedì mi trovavo a passare l'apirapolvere in camera (il lunedì a casa con mia mamma era il giorno delle pulizie in camera, se si era a casa e non all'università, soprattutto se era estate) e pensavo "eccomi qui, un altro lunedì estivo qui, a casa, a pulire la camera invece di essere altrove". Be', c'erano molte cose che non andavano per me in quel periodo e le ho lasciate continuare per troppo tempo, e andarmene in realtà non è detto che sarebbe stata la soluzione (anche se, col senno di poi, farei di certo scelte diverse, ma all'epoca mi parevano impensabili o mi spaventavano) e, insomma, alla fine passando per periodi neri e scemenze varie, alla fin fine ho trovato l'equilibrio lo stesso e non è che rimpiango nulla, o quasi. Però quei lunedì mi chiedevo "quando finirà di essere sempre tutto uguale?".
Ahahah, fa ridere adesso che vorremmo che tornasse tutto uguale a prima (be', all'anno scorso, più o meno).
Non so dove volessi arrivare con questo post, da nessuna parte suppongo. Ma volevo scrivere, ho moltissima voglia di scrivere ma poi non riesco sempre a dare forma ai pensieri. Forse ho bisogno di un destinatario preciso, a volte, non è sempre semplice confidarsi qui dove l'orecchio che ascolta in realtà è potenzialmente enorme. A volte penso che dovrei cambiare strategia, per scrivere con più libertà.
Forse è solo un po' come per la lettura, che in questo tempo assurdo ha avuto attimi di down. Però ammetto che dopo I baffi di Carrère anche Lo scarafaggio di McEwan mi sta dicendo bene. Mi sto dando alle cose brevi, perché ho l'attenzione che vacilla.
Ma non ho dubbi che troveremo di nuovo il conforto semplice delle cose note.
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