Mentre il resto del mondo si fermava (be', non proprio, ma ci siamo capiti), io mi sono ritrovata con molto più lavoro del solito. In parte perché sono state anticipate delle uscite in ebook, dato che era il modo più semplice per acquistare libri stando a casa, in parte perché poco prima dell'emergenza avevo accettato un lavoro "straordinario" che si è rivelato piuttosto lungo.
È stato faticoso, faticoso avere tanto lavoro, faticoso farlo con la bambina a casa che, anche se stava con papà, voleva più tempo con me, faticoso recuperare qualche altra ora la sera tardi o la mattina presto.
Adesso che ho finito il lavoro straordinario i ritmi probabilmente si assesteranno, e ve lo dico, ne avevo bisogno. Ho avuto dei momenti di grande sconforto perché mi pareva di non farcela proprio più... e non potevo rimandare ancora certe scadenze. In più avevo voglia di approfittare anch'io del tempo che tutti lamentavano avere in abbondanza senza sapere come impiegarlo.
Poi però io sono qui alla scrivania e mi arriva una risata di mia figlia che gioca di là con il papà, e mi ritrovo a sorridere per il solo suono della sua voce, per l'espressione che immagino sul suo volto e il cuore mi si gonfia e penso che alla fine, nonostante tutto, è vero che ci è stato concesso – in modo strano e duro e doloroso – un tempo diverso, una consapevolezza diversa. Ci è stato dato un tempo che non avremmo mai immaginato, che non avremmo mai saputo disegnare prima d'ora. E non capita spesso di vivere l'inimmaginabile, vero?
Di questa consapevolezza, di questo tempo vissuto in sospeso mi sembra che dovremmo pur fare qualcosa, anche dopo.
Poi ci sono vari livelli di nostalgia che prendono e fanno capolino nelle giornate, forse più ancora nelle serate. Ma ti fanno rendere conto di cose di cui hai e non hai bisogno davvero. Prima, per esempio, mi pareva un imperativo e una necessità impellente andare a visitare un posto in cui non ero mai stata, lontano o vicino che fosse. E non è che non sia più così, ma credevo avrei sofferto di più la mancanza dei viaggi. Forse sono solo un po' rassegnata che quest'estate nell'unica decina di giorni o paio di settimane in cui di solito ci è concesso partire non andremo molto lontano, se da qualche parte andremo. Mi sono un po' rassegnata che per un po' un weekend fuori porta sarà solo fuori la nostra porta.
Sarà perché ogni viaggio, ogni vacanza, ha sempre avuto il sapore del regalo, della fortuna. Perché da piccola non potevamo permetterci le vacanze e prima dei vent'anni, escluse le gite scolastiche, di viaggi ne abbiamo fatti solo un paio. Negli ultimi anni abbiamo approfittato di fare quel che potevamo quando potevamo farlo, e abbiamo fatto bene. Ma c'è chi non poteva fare nemmeno quello, quindi non starò certo qui a lamentarmi. E sarà meraviglioso poter di nuovo prendere un aereo o anche solo l'auto in piena libertà. Penso che lo sapremo apprezzare davvero, senza quella smania di arrivare sempre ovunque. Ieri ho potuto riprendere la bici e girare in città con mia figlia: è stata una vera liberazione, quando sono rientrata l'ho abbracciata forte dicendole che mi è sempre piaciuto tanto, fin da quando era piccola piccola, portarmela in giro in bici. Certo, ora facciamo il giro dei parchi per vedere che sono tutti chiusi (me l'ha chiesto lei) il che porta con sé un carico di frustrazione, e nel tragitto mi ha fatto un sacco di domande su questo "brutto raffreddore", domande alle quali ho cercato di rispondere con chiarezza, semplicità e soprattutto sincerità. Per il momento si è placata ma so che tornerà alla carica per avere ulteriori spiegazioni. Cerchiamo di fare del nostro meglio.
Sì, ci sentiamo tutti così, confusi e allo sbaraglio, soprattutto perché ci sono dei vuoti importanti che si sentono nella risposta a questa pandemia. Non mi metto a criticare o giudicare perché non sono io lì a prendere le decisioni, ma mi pare evidente che la categoria bambini e ragazzi è stata trattata proprio male, ed è evidente per chi è genitore perché lo vive sulla propria pelle e su quella dei propri figli. Io spero solo che le conseguenze vengano riassorbite in qualche modo, in futuro, quando si ritornerà a una qualche normalità.
Cambiando argomento, come è successo anche a molti altri, ho un po' faticato a leggere in questo periodo. Adesso sto leggendo Roderick Duddle di Michele Mari, mi piace molto ma non riesco a godermelo bene perché le giornate sono state difficili e la sera leggo a fatica. Poi sono arrivata qui e mi sono messa a sorridere per quella cosa là, quella dei libri e dei momenti in cui li leggi... eccola:
«Dunque, mentre Moriarty rovista per ogni dove mettendo tutto sottosopra, Jones attende fiducioso la risposta di suor Allison, e all'Allegro Viandante il capitano Billy Bones attende con pari fiducia l'arrivo di un ragazzo o di un vecchio. Suor Allison attende il momento propizio per parlare alla Badessa, la quale attende notizie da Moriarty e dalla stessa suor Allison in merito alla somma trafugata da Peabody. Solo lady Pemberton non attende nulla: non la morte, cui la stessa debilitazione impedisce di pensare, e non la vita, alla quale non ha più nulla da chiedere. In cucina la vecchia Rachel attende che Vernon abbia finito di scuoiare il coniglio, mentre Betty attende il trillo della campanella della signora. E così ovunque nel mondo, per ognuno, dall'inizio dei tempi: pensa a tutto, vertiginoso lettore, somma le attese di tutti in ogni tempo e paese, e ti sfido a non immaginare il nostro pianeta come una palla proiettata nel nulla dalla smania di tutti e di tutto ad arrivare più in là, ancora un poco più in là, la smania di quella cosa lì, sì, quella che stai aspettando anche tu.»
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