Quando mi prende un po' l'ansia, ho imparato che devo mettermi a fare delle cose, dei lavori manuali, per distrarre la testa, per concentrare le energie su qualcos'altro. Mi permette di non pensarci e di solito non solo riesco a farmi passare l'ansia, ma riesco anche a precederla e fare in modo che non arrivi. L'ho imparato quest'estate, quando mi capitava di soffrire di questi momenti di panico improvviso o qualcosa del genere.
Ho imparato a riconoscere i segnali (un leggero intorpidimento al quarto dito del piede – giuro non so perché –, a volte dei leggerissimi crampi ai muscoli delle gambe, una specie di giramento di testa ma molto vago, e naturalmente il batticuore). Non ho alcun problema a parlarne perché penso che questo mi aiuti a sentirmi meno sola e più capita. Non ho più paura di sentirmi "debole".
A volte però capita quando sono a letto, un momento prima di dormire, quando mi sembra che il buio mi stia inghiottendo. E ho imparato questa cosa, in particolare: che non devo cercare di tenere queste sensazioni sotto controllo. Perché non si può mai tenere tutto sotto controllo. Ed è una vera liberazione. Dovrebbero impararlo anche altre persone che non si può controllare tutto, che bisogna lasciarsi un po' andare e dimenticare le assurde regole e gabbie mentali con cui stanno imprigionando la loro vita e le vite di chi gli sta attorno, che in fondo ci sono persone intorno che anche se non sono complici e amiche possono comunque contribuire a dare una mano, che alla fine l'obiettivo finale comune di tutti noi è raggiungere una certa armonia. Che è importante comunicare bene dentro casa, e dentro sé stessi. Che dobbiamo cercare di fare bene per fare bene, per fare quel che è giusto, non per essere giudicati bravi dagli altri. Che poi i risultati vengono fuori alla resa dei conti, davanti all'effettiva risposta di chi ci è accanto e trova in noi l'apertura mentale, e l'ascolto, perché l'altro è ALTRO. Ma questo è un discorso che a volte mi fa venire voglia di gridare solo che non posso farlo, né qui né altrove. Lasciamo perdere e torniamo ai miei attacchi di panico (molto lievi per fortuna).
Niente, semplicemente ho imparato che devo cavalcarli, non bloccarli. Che non serve a niente cercare di respirare profondamente per tenerli sotto controllo, ma devo lasciarli andare. Quindi faccio questa cosa: prendo atto che mi sto facendo prendere un po' dall'ansia, lascio che accada ricordando a me stessa che sono solo emozioni, che non sto male fisicamente, non sto per svenire, non mi sta venendo un infarto, non ho un edema cerebrale o qualunque altra cosa mi possa passare per la testa in quei momenti. Perché se osservo il mio corpo in realtà sto bene, nessun dolore, solo ansia. E se sono a letto e non posso mettermi a sgrassare il forno per liberare la mente, allora mi racconto una storia come se dovessi scriverla qui, o altrove. Metto con attenzione una parola dopo l'altra, solo nella mia testa, raccontandomi quello che sta succedendo (oppure altro) come se fossi davanti alla tastiera del computer. È così che è nato questo post, ieri sera, anche se lo sto scrivendo solo oggi con parole diverse da quelle che mi sono pronunciata in testa.
Se penso alle tempistiche tutto è iniziato a luglio, quando ero stracarica di lavoro e avevo smesso di andare in palestra. Credo che, nonostante mi sentissi più libera, perché con un impegno in meno, alla fine lo sfogo fisico mi sia mancato più di quanto pensassi. Stare tutto il giorno a una scrivani a correggere libri, o davanti un computer a correggere libri, non può certo fare bene. Ho pensato anche che forse uno dei problemi è che capita che i romanzi facciano affiorare altre emozioni, e a differenza di quello che leggo di mia iniziativa, questi non li posso mollare, anche quando non mi fanno star bene. Oppure non lo so, ero solo molto molto affaticata. Poi ci si era messa la settimana in cui mia figlia è stata male, una settimana sfinente. È stato un luglio difficile. Ora ho ripreso la palestra e mi sento fisicamente meglio. Mentalmente un po' sì e un po' no. Sto imparando che non posso sempre fare tutto come lo vogliono gli altri e nei tempi che vogliono gli altri perché le giornate hanno solo 24 ore, e nel mezzo ci sono un sacco di altre cose. Ho imparato a lasciarmi andare alla lentezza. A volte faccio tutto di corsa, certo, come tutti, a volte me ne frego e dico no, faccio come riesco nei tempi che riesco, che tanto la vita è una e non sarà certo quella scadenza, quell'orario cannato a far finire il mondo.
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