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Una tradizione è una tradizione

No ragazzi, qui siamo quasi fuori tempo massimo e io ancora non ho postato il mitico post di Natale! Ci sono – forse – nuovi lettori che non conoscono l'unica tradizione di questo blog, ovvero, la pubblicazione della storia di Babbo Natale più bella di sempre.
Questa storia non ho mai capito se il prof Carlo Bassi l'avesse riscritta con parole sue, copiata da qualche altra parte, o magari semplicemente tradotta dall'inglese. Il blog su splinder del prof è stato uno dei primi nei quali mi sono imbattuta quando ancora non sapevo cosa fosse un blog, quando da poco avevo iniziato il tirocinio da redattrice e cercavo qualche risposta a qualche dubbio di traduzione dall'inglese. Il suo blog non è più attivo da qualche anno, e da qualche anno – ho scoperto di recente – il prof in questione è deceduto. Ma so che è stato mentore per molti, e a lui devo qualche dritta su come rendere meglio in italiano una frase in inglese, la scoperta di Mordecai Richler, una battuta di Winston Churchill, il motivo per cui Santa Lucia non è più il giorno più corto che ci sia (eppure lo fu, un tempo), la conoscenza di tutti i nomi delle renne di Babbo Natale e altre cose altrettanto utili (sì, sono ironica) nella vita di tutti i giorni. 
Come si dice in questi casi, buona lettura!

«Per Babbo Natale non era il giorno giusto. L’idea di farsi tre o quattro volte il giro del pianeta, gridando “ho ho” a Dasher, Dancer, Prancer, Vixen, Comet, Cupid, Donner, Blitzen e Rudolf e scarrozzare per il cielo lasciandosi dietro una scia di sbriluccicanti freschi fosforescenti gli era sempre piaciuta, in fondo. Era come la notte della prima, e il tutto era molto hollywoodiano, compresa quella schifosissima Cacca Cola che lo costringevano a bere negli spot in TV. Ma quest’anno era diverso: peso sullo stomaco, sicuro che il costume rosso con il pelo bianco gli avrebbe tirato sul sedere e sulla pancia anche più dell’anno prima. Comunque sia, pensò, c’è una pipinara che mi aspetta e non posso deluderli. Ed ecco che Santa scende nella stalla: nessuno ha preparato la slitta, strano. Attacca le renne, e gli paiono bizzosette anziché no, compreso Rudolf che va orgoglioso del naso rosso che fa tanto Natale e ricorda certi hobby del capo. Spingi, sposta, slaccia, riallaccia, alla fine sono più o meno tutte al loro posto, ma Vixen scalcia, le altre si imbizzarriscono, la slitta si rovescia su un fianco, un pattino esce dalla sua sede. Santa bofonchia e accenna anche alcune considerazioni su quella zoccola di Vixen che ha un nome da fumetto porno… Si china per risistemare il pattino e… crack. I pantaloni gli si sgarrano proprio al centro… lo sapevo… lo sapevo. Reggeranno? Be', prima finiamo di caricare, poi se c’è tempo gli diamo una cucitina. Arriva davanti al capannone dei regali, ma c’è uno strano silenzio: e dire che a quest’ora dovrebbe brulicare di elfi che preparano le cataste di pacchi. Neanche l’ombra. Strizza gli occhi: cos’è quella roba attaccata al portoncino? Un foglietto: la Elf (Elfi lavoratori fuori orario) dopo svariati ammonimenti per il mancato pagamento degli straordinari di notturno e prefestivo, proclamano lo sciopero a oltranza. Santa è un uomo paziente e soffoca l’imprecazione. Poi medita sul da farsi e decide che ci vuole una Tennent super o meglio una Scotch Ale. Ma prima bisogna avvertire gli gnomi che si sobbarchino anche il lavoro degli elfi. Già a qualche passo di distanza avverte una strana inquietudine: che cos'è quel foglio bianco sulla porta del capanno degli gnomi? Ovvio, un avviso: la Gnoms (Gnomi notoriamente ormai molto sindacalizzati), pur avendo un contratto tutto compreso non possono non dare la loro solidarietà agli elfi, e proclamano uno sciopero immediato e irrevocabile. Be', a questo punto l’esasperazione si può curare solo con due birre. Entra, apre il frigo: vuoto. Gesù, Giuseppe e Maria: saranno in magazzino, e meno male che qui fa freddo, perché la birra calda, quella proprio no. Primo stanzone, solo casse di birra vuote, o meglio piene di vuoti. Be', saranno nel secondo stanzone. Niente. Dietro gli attrezzi, zero. Forse in cucina. Ci arriva trafelato, bofonchiando, reggendosi i pantaloni, soffocando con sempre minor successo le imprecazioni. Entra sbattendo la porta, fruga dappertutto, niente birra. Toc toc. Bussano. “Avantiiiii” (chi viene a rompere in un momento come questo????). La porta si socchiude, sulla soglia un angelo meraviglioso, riccioli d’oro dappertutto, fin sulle spalle, due occhi azzurri come laghi alpini, due ali ricche e pur garbate. Un angelo così bellino che gli mancava una Ceres in mano per sembrare un miracolo. Ma sottobraccio, invece, portava un piccolo abete di un verde intenso, un albero di Natale, come si chiamano oggi. L’angelo guardò in silenzio Santa che ormai schiumava rabbia e poi, melodioso mellifluo e se vogliamo anche un po’ irritante, scandì: “Babbo Natale, Babbo Natale, questo dove lo metto?”.
Ed ecco spiegato perché in cima a tutti gli alberi di Natale, sulla punta, c’è infilato un angioletto.»

Tanti auguri e divertitevi, mangiate e bevete molto, si sa che a Natale siamo tutti più brilli!

Commenti

Anonimo ha detto…
Bellissima questa storia "politically uncorrect" :D.

Augurissimi di cuore Miky, a te e famiglia!

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