Per lavoro ho letto un libro davvero interessante, per quanto la storia possa essere vagamente assurda. E ne posso parlare perché è un libro che è già uscito qualche anno fa.
Un bambino extraterrestre viene sulla Terra in un programma di scambio, e dovrà vivere per 10 anni con una famiglia terrestre. E l'assurdità non sta in questo, ma nel comportamento dei terrestri: il primo problema, da cui poi derivano tutti gli altri, è il sesso. Non si sa se il bambino proveniente dal pianeta Deneb, Mo, sia maschio o femmina, perché nel suo pianeta la cosa si viene a sapere solo molti anni dopo (quando il bambino ne ha 50, ma il tempo su Deneb passa in modo diverso che sulla Terra) e insomma, nessuno sa come comportarsi con Mo. A quale scuola andare, quali vestiti comprare, come arredare la camera? La cosa non sembrerebbe porre grossi problemi, almeno a me, però poi si vede bene come ragionano le famiglie con cui ha a che fare Mo: mentre ai maschi tutto è permesso (tranne commuoversi o badare ai bambini e alla casa, o giocare con le bambole) alle femmine è richiesto un "comportamento adeguato" (non si va in giro da sole, ci si veste in un certo modo e bisogna mettere su famiglia). Nel libro naturalmente è tutto molto esasperato (in effetti sembra ambientato in un'epoca un po' più lontana, tipo anni 60, ma tant'è che alcune cose non sono cambiate tanto...) Una zia terrestre che fa l'astronoma è guardata molto male dalle sorelle e dalla madre, che non perde occasione per rimproverarla per il suo stile di vita.
Questa zia, Anna, per tutto il libro è un personaggio che ho creduto avrebbe necessitato di maggiore approfondimento, proprio perché per la sua natura ribelle è quella con cui Mo si sente più a suo agio. Ma questo invece non avviene, e forse verso la fine si capisce perché: quando Anna deve partire per l'America per lavoro, lasciando con il marito i figli, viene criticata aspramente da tutte le parti: dai parenti, ma anche dai colleghi, dalla maestra del nido, da tutti: ha solo Mo, il marito e i figli ad appoggiarla, che sono tutti così fieri di lei. E invece, il giorno prima, Anna rinuncia: il nome per questa cosa è molto semplice: senso di colpa. Senso di colpa che, a forza di anni e anni e anni di critiche da parte della famiglia, ha logorato l'animo di Anna. Trattenendola alla fine a casa. Di questo libro, Anna è stata la più grande delusione: lei, così forte e indipendente, alla fine è cascata nel tranello.
E così ho pensato a tutte le volte in cui mi sento di cascare nel tranello del senso di colpa: sì, perché purtroppo succede a tanti che per tenersi il tuo affetto usano il senso di colpa, e i primi a farlo di solito sono i genitori. Di certo non lo fanno apposta, almeno non tutti, ma quando sottolineano i sacrifici fatti per te ti instillano il senso di colpa. Semplice, pulito, cristallino. Non avevo sbagliato tanto quando da piccola ho detto a mia mamma: Non ti ho mica chiesto io di farmi! Sono stata sbruffona e insolente, ma in fondo avevo ragione. (Devo dire che mia mamma non ha usato molto il senso di colpa con me, però è capitato, credo sia proprio "umano". Ma bisognerebbe sforzarsi di evitarlo.)
Insomma, siamo come siamo e le nostre inclinazioni dovremmo rispettarle e seguirle, a prescindere da quello che pensano gli altri. Se siamo sensibili siamo sensibili, se siamo avventurosi lasciateci andare all'avventura e allo sbaraglio, se abbiamo paura lasciateci avere paura. Questo dovremmo dire a chi con l'affetto cerca di metterci i confini, di dirci come dovremmo essere per non deluderli. Perché poi è per questo che si cresce con il senso di inadeguatezza, con il senso di essere sbagliati, di fare le cose male, con l'autostima sotto i piedi: perché si pensa di aver deluso le persone a cui vogliamo bene. Ma chi ci vuole bene non può dire: Mi hai deluso. Chi ci vuole bene può solo dire: Ti voglio bene.
Commenti
il libro è Extratterestre alla pari, di Bianca Pitzorno :)