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Perché il fallimento non esiste

Non è tutto positivo, certo che no, succedono cose terribili nella vita, cose brutte, cose negative, cose indesiderabili. Poi succedono invece cose stupende, bellissime, incredibili, al di là delle aspettative. Sarà un equilibrio, sarà che è solo una questione di punti di vista, ma io non ho mai creduto nel fallimento.
Non mi do la colpa delle cose che succedono. O meglio, non del tutto. Se qualcosa nella mia vita va male ci posso rimanere malissimo, soffrirne e tutto il resto, ma a un certo punto ne esco. Non mi prendo carico di tutto quello che di sbagliato mi succede. Sarà uno scaricare colpe, ma non do nemmeno colpa a nessuno: a volte si sbaglia, a volte succede.
Nella mia vita ho sbagliato, hanno sbagliato con me, sono finite cose iniziate bene e sono finite cose iniziate male già in partenza. Ecco, però nessuna di queste “cose” la vedo come un fallimento. Per me è tutto un passaggio: dove ho sbagliato io ho imparato qualcosa, dove hanno sbagliato gli altri nei miei confronti ho imparato qualcosa sugli altri e su di me. Io credo che il fallimento sia una parola da abolire. Non ci credo, punto. Tranne quello giuridico che è un’altra cosa. Ma nella vita io penso che tutto sia sempre in transito. Quando sbagliamo siamo solo umani, e quando gli altri sbagliano con noi be’, sono umani anche loro. Ovviamente tutto nei limiti del decente e del buon senso. Se mi guardo indietro non vedo fallimenti: vedo immaturità, senz’altro, ma è normale, dagli errori si impara e si matura e poi si cresce. Vedo scelte sbagliate, vedo convinzioni sulle quali volevo credere a tutti i costi in nome di chissà cosa poi, ma non vedo fallimenti: vedo passaggi. Cadute e risollevamenti. Tutto qua. Poi ovvio che tutto sta nel modo in cui ti risollevi dopo uno sbaglio, o dopo un esito negativo. Mi pare invece che si gridi troppo presto alla catastrofe, al "è andato storto tutto e non si salva niente", in un atto di vittimismo, soprattutto. Preferisco parlare di caduta, di deviazione inaspettata del percorso, di qualcosa che poi può prendere un'altra direzione, insomma.
Io credo che una persona che continua a pensare di aver fallito perché una cosa non è andata come “doveva” andare (cioè come gli altri si aspettavano che andasse, e come lei stessa si aspettava andasse) non può dire davvero di aver superato quel momento negativo. E continuerà a portarselo dietro anche dopo. Mettersi in pace con se stessi: è una cosa che dovrebbero insegnarti a scuola da piccolo, invece di instillarti già il senso di colpa per le cose che non ti riescono bene al primo colpo.  

“E poi con quello che succede in una vita come questa forse è meglio se la strada non è proprio quella giusta”. Daniele Silvestri ha ragione.

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