Io non sono una persona che si lascia troppo influenzare da questo genere di cose (tendo a essere molto di ghiaccio), ma da quando è morto mio papà ho una specie di senso di panico ad entrare in ospedale.
So di dire una cosa poco popolare e poco simpatica, ma non sono mai stata una fan delle visite in ospedale. Non sono cresciuta in mezzo alle malattie, ho avuto nonni giovani e bisnonni malati solo quand'ero troppo piccola, quindi l'odore delle malattie mi getta in una specie di sospensione temporale che definirei di colore bianco-giallastro. Il bianco-giallastro è il colore che associo a una stanza d'ospedale, dove si mescolano la pulizia da disinfettante allo sporco da malattie, ed è il colore che associo a qualunque cibo ospedaliero.
Quando mio papà stava male faticavo a stare in ospedale (aggiungendo il fatto che sei lì e non sai cosa fare, cosa dire, come renderti utile quando non c'è nulla da fare) e di conseguenza mi fa sentire a disagio.
Disagio che non ho provato quando sono andata a trovare mia cugina che aveva appena partorito, ma converrete con me che è una situazione del tutto diversa. Si festeggia una nascita, stanno tutti bene! E poi ci sono andata accompagnata, non da sola.
Quando sono andata, una decina di giorni fa, in sala prelievi soltanto per pagare le impegnative per il mio fidanzato, mi sentivo uno zombie. Non avevo dormito molto, arrivata davanti all'ospedale l'edificio mi sembrava molto più grande di quanto non sia in realtà, come se da un momento all'altro potesse cadermi addosso, o che potesse assumere un'espressione ghignante e malvagia, o potesse alzarsi in piedi e diventare ancora più alto; facevo fatica a leggere le indicazioni come se fosse tutto troppo buio, lì dentro, anche se buio non era (e forse ho bisogno di una visita oculistica, anche) e anche se c'era quella luce fastidiosa che si riflette sul pavimento dal colore tetro (verde? mi pare, verde vomito direi). E poi: piano seminterrato, niente finestre, niente di niente. Odore di disinfettante, di medicine, di altro, di cibo da ospedale (quello mi sembra di sentirlo sempre, tipo odore di purè sciapo), gente che sta più o meno bene, caldo infernale, sedie scomode.
A nessuno piace andare in ospedale, sia chiaro, non mi piaceva nemmeno prima, ma prima era una cosa sì spiacevole (perché voleva dire che qualcuno si era fatto male, o si era dovuto operare per qualche motivo) ma che facevo senza problemi, perché prima o poi quella persona l'avrei rivista a casa sua, quando fosse guarita.
Adesso non ho il problema che non mi piace visitare un malato, ho il problema che non ho voglia nemmeno di andare a farmi una visita, un prelievo, un esame qualunque se devo farlo in ospedale (nemmeno limitarmi a pagare in accettazione, come ho detto). O meglio, non essendo una che tende troppo al melodrammatico, se vi fossi costretta la farei comunque, la visita eccetera, ma finora avevo evitato di varcare quelle porte, quanto meno da sola .
Mi sembra quasi di essere una stupida bambina che irrazionalmente pensa che quell'ospedale si è inghiottito mio papà e non me l'ha più risputato fuori. Assurdo vero?
Poi naturale che razionalizzo, che il disagio è legato al ricordo di un anno difficile che ha portato al triste epilogo, eppure una piccola parte di me, relegata in un angolino con una vocina piagnucolosa e inconsolabile, continua a dire che lì, da quel posto lì, a volte le persone non escono più.
So di dire una cosa poco popolare e poco simpatica, ma non sono mai stata una fan delle visite in ospedale. Non sono cresciuta in mezzo alle malattie, ho avuto nonni giovani e bisnonni malati solo quand'ero troppo piccola, quindi l'odore delle malattie mi getta in una specie di sospensione temporale che definirei di colore bianco-giallastro. Il bianco-giallastro è il colore che associo a una stanza d'ospedale, dove si mescolano la pulizia da disinfettante allo sporco da malattie, ed è il colore che associo a qualunque cibo ospedaliero.
Quando mio papà stava male faticavo a stare in ospedale (aggiungendo il fatto che sei lì e non sai cosa fare, cosa dire, come renderti utile quando non c'è nulla da fare) e di conseguenza mi fa sentire a disagio.
Disagio che non ho provato quando sono andata a trovare mia cugina che aveva appena partorito, ma converrete con me che è una situazione del tutto diversa. Si festeggia una nascita, stanno tutti bene! E poi ci sono andata accompagnata, non da sola.
Quando sono andata, una decina di giorni fa, in sala prelievi soltanto per pagare le impegnative per il mio fidanzato, mi sentivo uno zombie. Non avevo dormito molto, arrivata davanti all'ospedale l'edificio mi sembrava molto più grande di quanto non sia in realtà, come se da un momento all'altro potesse cadermi addosso, o che potesse assumere un'espressione ghignante e malvagia, o potesse alzarsi in piedi e diventare ancora più alto; facevo fatica a leggere le indicazioni come se fosse tutto troppo buio, lì dentro, anche se buio non era (e forse ho bisogno di una visita oculistica, anche) e anche se c'era quella luce fastidiosa che si riflette sul pavimento dal colore tetro (verde? mi pare, verde vomito direi). E poi: piano seminterrato, niente finestre, niente di niente. Odore di disinfettante, di medicine, di altro, di cibo da ospedale (quello mi sembra di sentirlo sempre, tipo odore di purè sciapo), gente che sta più o meno bene, caldo infernale, sedie scomode.
A nessuno piace andare in ospedale, sia chiaro, non mi piaceva nemmeno prima, ma prima era una cosa sì spiacevole (perché voleva dire che qualcuno si era fatto male, o si era dovuto operare per qualche motivo) ma che facevo senza problemi, perché prima o poi quella persona l'avrei rivista a casa sua, quando fosse guarita.
Adesso non ho il problema che non mi piace visitare un malato, ho il problema che non ho voglia nemmeno di andare a farmi una visita, un prelievo, un esame qualunque se devo farlo in ospedale (nemmeno limitarmi a pagare in accettazione, come ho detto). O meglio, non essendo una che tende troppo al melodrammatico, se vi fossi costretta la farei comunque, la visita eccetera, ma finora avevo evitato di varcare quelle porte, quanto meno da sola .
Mi sembra quasi di essere una stupida bambina che irrazionalmente pensa che quell'ospedale si è inghiottito mio papà e non me l'ha più risputato fuori. Assurdo vero?
Poi naturale che razionalizzo, che il disagio è legato al ricordo di un anno difficile che ha portato al triste epilogo, eppure una piccola parte di me, relegata in un angolino con una vocina piagnucolosa e inconsolabile, continua a dire che lì, da quel posto lì, a volte le persone non escono più.
Commenti
A me non piace nemmeno andare per le nascite, fai te. :-)
Sai quando adoro andare in ospedale? Per la donazione del sangue. Lì c'è un clima del tutto diverso. Le persone si comportano come se fossero tutte amiche, come se sentissero di essere parte di un qualcosa di buono. Boh, si respira aria buona lì.
l'altro giorno ho commentato un tuo post sul tuo blog e non m'è uscito, non so perché :( non pensare che non ricambi le visite :)