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Visualizzazione dei post da novembre, 2013

Manina che vi saluta tutti da dietro una tazza di caffè

Ultimamente sono oberata di lavoro, poi ho avuto la tosse per più di una settimana (finalmente sta passando) quindi ho dormito di cacca, ho lavorato fino a sera tardi e nel weekend eccetera eccetera, aretecce aretecce. Approfitto oggi alfin (che poeticità!) di una pausetta caffè e scrivo qualcosa sul blog, mi sono detta. Peccato che il mio cervello si rifiuti di uscire dal torpore. Credo che lì dentro al momento lampeggi una grande scritta luminosa che recita TILT! D'altra parte quando si avvicina dicembre è sempre così: troppe cose, troppo poco tempo (a Willy Wonka andava meglio ;) ). Poi si sbaglia. Poi cazziatoni (generalmente autoinflitti) e affezioni varie alle vie respiratorie. Il freddo è giunto, l'inverno ormai pure, il profilo delle montagne è già bello innevato, campi spogli, canetto dorme tutto il giorno, tranne quando rompe: tutto quadra. La cosa "meglio" che mi ha portato la tosse è stata che due lunedì non sono andata in palestra e mi sono vista Aran

Fare ordine

Ieri ho messo a posto la mia libreria, che era un vero disastro, e adesso ha riacquistato un aspetto decente, e poi ho trovato un regalo che Ale mi aveva fatto per l'anniversario dei nostri 3 anni insieme e che io non ricordavo assolutamente di avere! Mi sono sentita abbastanza cacca... si tratta di un paio di orecchini davvero belli, che chissà perché ho usato pochissimo e poi sono finiti nel dimenticatoio. Che schifezza di me. Però è come aver ricevuto un secondo (immeritato) regalo. Poi ho passato il pomeriggio a scrivere articoli, preparare le ripetizioni, ricoprire di carta da regalo e foto di un vecchio calendario due scatole di scarpe, in modo da avere dei contenitori per le macchine fotografiche analogiche e i rullini, che non sapevo proprio dove mettere, e tutta la roba del cane, dal guinzaglio al mantello antipioggia. Così, forse, ce la facciamo a non avere sempre il salotto più simile a un campo di battaglia che a un salotto. In più ho già preparato, scritto e programm

Penelope

Nella mia testa mi sono sempre inventata tantissime cose. Quand’ero piccola – ma anche quand’ero un po’ più grande – ogni sera prima di addormentarmi diventavo qualcun altro; oppure ero sempre me stessa, ma in un altro luogo, in un altro tempo. Ero la protagonista delle favole che mi raccontavo, che vivevo da sotto le lenzuola, che mi accompagnavano dentro al sonno, a causa del quale, era inevitabile, si interrompevano (o forse proseguivano in sogni che poi non ricordavo mai), e che poi terminavano in qualche modo solo al mattino. Per questo ancora oggi la mattina fatico a uscire dal letto: mi sono abituata ad avere un sogno da sveglia da finire. Erano storielle semplici, stupide, ispirate a quello che avevo letto o quel che avevo visto in tv, ma erano storie. Nella mia testa ho vissuto ovunque, anche in auto insieme a Bo e Luke o nel mondo meraviglioso di Alice. È sempre stato come avere un prolungamento della mia vita. Ho immaginato cose che mi sono successe davvero, ma che ero tropp

Poesie

Ieri è morto Federico Tavan. Un uomo, un poeta, un friulano. Era un uomo eccentrico e semplice, immediato e intenso, è così che lo ricordo, l'unica volta in cui l'ho visto da vicino e ne ho ascoltato dal vivo le parole. Al mierle  E cuan ch'al mierle al à perdût la vous pa' la val ce freit ( Il merlo. E quando il merlo ha perduto la voce, nella valle che freddo.) Cuan' che me soi inamorât cuan' che me soi inamorât al cour al tucava làscete zî chist al é l'amour jo ài strengjût i dinç al cour al à tasût. ( Quando mi sono innamorato. Quando mi sono innamorato il cuore batteva: lasciati andare, questo è l'amore. Io ho stretto i denti, il cuore ha taciuto.) Le poesie sono tratte dalle raccolta Cràceles cròceles , I quaderni del Menocchio, Montereale Valcellina (PN) 1997. La foto è di Danilo De Marco (www.danilodemarco.it)

Altre cose belle

L'odore del cuoio vecchio, di qualcosa che esiste da almeno sessant'anni e che se potesse parlare ne avrebbe tante di storie da raccontare. Il ticchettio dell'orologio al quarzo che spezza, di secondo in secondo, il silenzio ottuso intorno, rendendolo ancora più assoluto, paradossalmente, e paradossalmente fa sembrare il tempo ancor più sospeso. I disegni appiccicati al frigo in modo confuso. Le scarpe abbandonate accanto al divano. Sapere che una cosa c'è, anche quando non ne hai bisogno. La porta d'entrata di dove ho abitato per vent'anni, e adesso lì chissà chi ci vive. Le coste dei libri piegate per l'uso. Il rumore della penna sulla carta. Imparare cose nuove (mai abbastanza). Il cane che ronfa. I colori del Collio (e il vino del Collio). Le gite domenicali. Gli amici di sempre. Gli amici di ora. I brividi quando ascolti una canzone. Fare i bambini (nel senso di interpretarne il ruolo) anche quando non ci sono bambini. Il sole d'inve

Invece no.

Un lavoro non dovrebbe renderti così. Da quando il mio moroso ha un lavoro nuovo (scelta obbligata perché l'azienda precedente è fallita) lo vedo in "down" più spesso di quanto l'abbia mai visto. Non è il lavoro in sé, naturalmente, ma la gente per cui lavora, che ha tutte le caratteristiche "tipiche" dell'imprenditorialità italiana (quella che non va): facciata, finzione, perdita di tempo, attenzione alla quantità e non alla qualità, poca lungimiranza, anzi, vera e propria miopia. E poi, naturalmente: interessi, nepotismo, interesse a ledere l'altro più che a fare bene. Ecco, sono queste le tipicità italiane che mandano in rovina il Paese. È stato un finesettimana felice, con qualche novità, con ricerche per noi, per il nostro futuro, poi arriva un lunedì per lui pessimo e mi dispiace che i benefici di un finesettimana lungo vadano a farsi fottere nel giro di un'ora. E non poter fare niente, e non sapere bene cosa fare o cosa dire per dare un