" Cerca di ricordare quando iniziò. Sicuramente prima che lui ne sapesse qualcosa. Prima ancora di sapere che era uno dei grandi problemi, se non il più grande di tutti. Aveva undici anni, forse dodici. Iniziò con la nebbia.
Il vicario di Cranleigh lo aveva portato a fare una passeggiata, dietro richiesta di sua madre, perché sembrava non prestasse attenzione in chiesa. Fuori c'era la nebbia; adesso gli sembra di vedere gli ingranaggi del cervello del vicario girare mentre concepiva l'idea di usare la nebbia per spiegare la fede. La nebbia, e qualcosa che piacesse a un bambino. Un aquilone.
«Se fai volare un aquilone nella nebbia, non puoi vederlo volare. Però senti la tensione della corda.»
«Ma con la nebbia» disse Harold, «non c'è vento. Quindi come si può far volare un aquilone?» "
«Se fai volare un aquilone nella nebbia, non puoi vederlo volare. Però senti la tensione della corda.»
«Ma con la nebbia» disse Harold, «non c'è vento. Quindi come si può far volare un aquilone?» "
(David Leavitt, Il matematico indiano, Mondadori, p. 31)
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