Ho iniziato a leggere Lamento di Portnoy (sono a metà a dire il vero) e penso di aver capito che cosa non mi va di questo libro: il lamento! No, Roth scrive da Dio e non c'è nulla da obiettare, ma le lunghe lamentazioni dopo un po' diventano noiose. In fondo è il rischio di una terapia a senso unico (si sente solo la voce del paziente qui, il dottore non parla mai).
Però mi divertono molto le descrizioni di quel che combinano la madre e il padre, due figure abbastanza assurde, e infatti quando ci sono i dialoghi con questi o con altri il libro all'improvviso torna a essere uno spasso (ma pure tutto il capitolo intitolato Seghe, è uno spasso. E la stitichezza del padre è davvero epica).
Sono giorni di corsa, succede sempre, soprattutto quando arriva un libro lungo e devi lasciare per un attimo il resto e poi il resto arriva, insomma, il mio lavoro è un po' così.
Volevo scrivere delle cose sulla scrittura e sulla lettura, sul loro potere terapeutico, sulla mia difficoltà, quando lavoro tanto, di sentirmi serena per la lontananza da mia figlia, come se di colpo potesse succedere qualcosa e tutto il tempo che avrei potuto e non ho trascorso con lei fosse stato assurdamente sprecato. So che non è così, ma so anche che succede quando hai il cuore pieno d'amore.
Volevo ma invece non mi dilungo, sono un po' triste oggi (tranquilli, non mi è successo nulla, tutte cose lontane da me che però... però.) Quindi penso che mi butterò su queste ultime ore di lavoro di questa settimana, e poi cercherò di vivere con più intensità e felicità possibile il fine settimana, respirarlo fino in fondo, come forse si dovrebbe fare sempre.
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