Pitlochry, Scotland |
I mondi che mi attraversano sono tantissimi. Io passo una vita a vivere mille vite, e non sto scherzando.
Ne vivo una diversa a ogni libro che leggo, e siccome leggo anche per lavoro, a volte è una vera fatica. A meno che non si tratti di saggistica o di libri davvero orrendi, mi immedesimo, entro nei fogli A4 stampati qui da me e mi stupisco di non uscirne ogni volta con una sorta di emicrania.
Ma non basta: quando passeggio con il cane, è raro che io sia davvero dove sono. La testa è altrove, in continuo movimento, a immaginare dialoghi mai avvenuti e che mai avverranno, a immaginare di incontrare persone che forse nemmeno esistono. Mi chiedo quanto poco ci manchi a me che me ne vado in giro parlando da sola, e mi chiedo quanto io possa essere folle, in realtà. Non che la cosa mi importi.
Immagino dialoghi con le persone che devo incontrare entro poche ore, dialoghi che vorrei avere con loro o che non vorrei avere, che poi si avverano ma anche no.
Immagino e scrivo mentalmente i post che poi scriverò qui, anche questo, in parte, è nato stanotte mentre non riuscivo a dormire. Perché mentre sono a letto, le rare volte in cui non dormo, la testa parte (il che significa anche che poi non dormo più, oppure male).
La cosa buffa di tutto questo è che io sembro la persona con i piedi più piantati a terra del mondo. Razionale e compita, quella che dopo uno sfogo iniziale extrarazionale inizia a pensare alle soluzioni invece che ai problemi.
Quando ero una ragazzina ero così. Forse anche peggio. Quando ero alle medie passavamo per il giardino della scuola per raggiungere l'edificio dove si faceva Arte, e passavamo accanto a un campetto minuscolo di basket. Lì c'era spesso un tipo che mi piaceva, e io a volte non aspettavo altro che quel momento per passare e guardarlo. E immaginarmi tutte le cose che avrei voluto dirgli e anche quelle che lui mi avrebbe risposto. Penso che per un periodo di tempo ho vissuto solo in attesa di quel frangente durante la settimana, di quel minuto scarso in cui passavo e lui era lì a giocare a basket. Che sciocchezza, no? Eppure se ci ripenso era una cosa così seria. I primi amori sono serissimi, e gli adulti non dovrebbero mai sottovalutarli.
Poi avevo questa folle idea che più passavo il tempo a immaginare una cosa più basse erano le probabilità che questa cosa si avverasse. Ma non per questo passavo il tempo a fantasticare su cose che avrei voluto non accadessero. Mi appoggiavo comoda alle mie fantasie piacevoli, erano i momenti rilassanti e rassicuranti di quando andavo a letto, o della domenica mattina, mentre aspettavo di avere voglia di alzarmi.
A volte sognavo a occhi aperti anche delle situazioni assurde, oppure spiacevoli: per esempio di aver avuto un incidente, di essere bloccata in ospedale, ma poi c'erano tutta una serie di persone che mi venivano a trovare perché mi volevano bene e con le quali facevo lunghe chiacchierate, e poi le chiacchierate mi aiutavano a guarire e a stare meglio, e tutti si meravigliavano di quanto fossi brava a essere felice anche in un momento così, e tutti pensavano che ero una ragazzina davvero meravigliosa. (Probabilmente avevo letto Pollyanna, di recente!)
Tutto questo a volte mi sembra un dono, a volte mi sembra un fardello: ancora non lo so. Una distrazione dalla vita vera, una fatica inutile, oppure forse un volo che di tanto in tanto mi aiuta a sopravvivere quando non ne avrei voglia?
Ecco qui, questa è un po' la mia follia e, sapete cosa?, è la prima volta, mi pare, che la condivido con qualcuno.
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