Credo di essermelo detta tante volte, in momenti di difficoltà. Una frase che però nessuno mi ha mai detto, parole che non pronuncerei, penso, a nessun altro. Solo a me stessa, perché è con me che sono ipercritica, e a me stessa che dico che non devo mollare, che devo trovare l'opportunità nella difficoltà, che non devo darla vinta all'indolenza o allo sconforto, perché le risorse che possiedo, e lo so bene, sono tante.
Ed è così che mi sento la maggior parte del tempo, cercando di limitare le negatività e credendo più nella possibilità che nell'impossibilità.
E con le persone importanti nella mia vita, quelle di adesso e quelle che ci saranno in futuro, faccio lo stesso: no, dire te la sei voluta non serve a spronare una persona a fare meglio, è un po' come dare una colpa ed è quasi come arrendersi, scaricare responsabilità quando qualcuno chiede aiuto. Perciò no, non dico adesso pedala, magari dico altro, qualcosa che suonerebbe come un Puoi pedalare, sei in grado di farlo, e se vuoi ti spiego perché lo credo.
Pedalo io e pedaliamo tutti, la maggior parte di noi lo fa senza darsi per vinta e senza risparmiarsi e sì, l'ha voluta, la bicicletta.
In fondo senza quella bici che cosa saremmo? Ci limiteremmo a lasciare che la vita ci accada invece di andarcela a cercare, di morderla, di sfidarla, di lasciarci sconfiggere solo per poter dire be', ma so anche rialzarmi, e a volte vincere (si spera IL PIÙ delle volte).
Insomma sì, "Hai voluto la bicicletta" è un po' com'era il "Buona fortuna" per Holden Caulfield. Non è terribile, se uno ci pensa? Perciò no, non è una frase che dico agli altri.
Ma a me lo dico di continuo. Quando accetto di ricominciare a fare un'ora di ripetizioni alla settimana, anche se mi sembra di non avere tempo di aggiungere impegni agli impegni; quando dico sì, lo scrivo io l'articolo in più che manca nel sito; quando dico okay, vengo a pranzo da te (ma in realtà ho delle scadenze così serrate che "sogno" di non muovermi dalla scrivania); sì, provo a imparare una cosa nuova (cose non richieste dagli altri, queste sono zappate nei piedi che mi do da sola); d'accordo, adesso inizio questo nuovo libro e, cavolo, vado fino in fondo. E ho deciso che scrivo sul blog, scrivo sul blog e non c'è santo che tenga, lo faccio.
Tutta una serie di autoimposizioni, di sì che potrebbero diventare tranquillamente no e invece lascio che siano sì, perché vorrei fare tutto e di più e non mi sembra mai abbastanza. Perché ho questa spinta dentro di fare il più possibile, di esprimere in più modi, di andare fino in fondo a una faccenda e di iniziarne una nuova, eppure mi sembra continuamente di non essere all'altezza e di non aver fatto abbastanza, e di qui l'ansia di voler fare ancora. Di voler fare meglio.
Adesso sto pedalando, me la sono scelta e per ora sta andando bene. Non sarà sempre così, ma non so per quale strano motivo la "io" ansiosa in questo istante della mia vita è nascosta, seppellita non so assolutamente dove, tanto che sono anche un po' preoccupata per lei. Ed è rimasta una io che dice continuamente che ce la può fare e che non si preoccupa molto del resto, insomma, una io così fiduciosa che, sentite un po', quasi non riconosco. Chi è questa qui?
Non lo so, cosa devo dirvi?, sono solo diventata una in bicicletta che pedala.
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