L'anno nuovo è come un foglio bianco in cui tutto è da scrivere. Che cazzata. L'anno nuovo è una convenzione, ma noi siamo umani e ne abbiamo bisogno, come dei minuti, delle ore, dei giorni della settimana, di una parola per descrivere un sentimento. E va bene così, ci organizziamo, speriamo che dopo Capodanno ci possa essere una rinascita e ci sentiamo meglio. Come se potessimo ripartire da zero, dimenticare gli errori, le delusioni e portarci solo gli insegnamenti. Be', certo è anche così, a volte. O in parte.
L'anno nuovo è una serie di mesi che uno dopo l'altro ci immaginiamo già in un certo modo: starà poi a quel che accade disilluderci o premiarci, sorprenderci, in positivo o in negativo, confermarci. Insomma, è come sempre, solo un altro numero sul calendario.
Ma va bene, siamo umani, abbiamo bisogno di queste cose.
L'anno nuovo è speranza. Di un anno migliore, di sogni realizzati, di sogni da inventare ancora. Non toglieteci almeno i sogni e la speranza, suvvia.
Noi non abbiamo nemmeno comprato un calendario, ancora, quest'anno, prima perché ci siamo dimenticati e poi perché quando ci abbiamo provato quel che ci è capitato in mano non ci piaceva. Quanti "ci". L'anno nuovo è ancora noi, quindi tanto male non sarà di certo.
L'anno nuovo è un pugno nello stomaco, quello che il 7 gennaio è arrivato così, inaspettato, basso e preciso. Io adoro le matite, le adoro per il loro odore innanzi tutto, ma anche per tutto quello che può uscire da dentro una matita, come e in modo così diverso dalle parole, immediato come un pensiero. Io non so disegnare, invidio (un'invidia sana) e ammiro chi sa farlo, chi ti colpisce con i suoi tratti, due movimenti e quattro scarabocchi, mi piace dire, come se fosse un gesto semplicissimo che però non è.
L'anno nuovo è #jesuischarlie Be', no, io non suis charlie proprio per niente, perché se lo fossi ne sarei più che orgogliosa e so che è bello e ci sentiamo tutti uniti a dire #jesuis, e probabilmente va benissimo, ma non va abbastanza bene perché fra tanti di quelli che lo dicono, lo scrivono, e lo postano, mi chiedo quanti siano quelli che non inneggeranno alla violenza contro l'Islam, i musulmani, gli arabi, i clandestini. Noi contro loro. Mi chiedo quanti, e io lo so perché fra gli amici FB che postano jesuischarlie ci sono anche quelli che due giorni fa dicevano #stranierituttiacasa e quelli che con #jesuischarlie stanno già proclamando guerra ai musulmani. Non ce la faccio a mettere nella mia immagine di copertina #jesuischarlie perché io non penso sia una cosa brutta farlo, anzi, sono certa che il proposito sia ottimo, non ho dubbi, e mi auguro che la maggior parte delle persone lo faccia pensandolo nel modo più limpido e cristallino, per difendere la libertà di parola, di stampa, di opinione, e anche la libertà di prendere per il culo chi e che cosa cazzo mi pare, ma non ce la faccio perché mi sembra davvero che sia fin troppo facile stravolgere quello che a tutti gli effetti rischia di diventare uno slogan sbagliato, purtroppo (e lo slogan è fascista di natura, come canta Silvestri? me lo sono chiesta spesso...). Anche se nato in nome della libertà. Io però #vorreiesserecharlie
Allora se mai dovessi fare un proposito per l'anno nuovo, sarà quello di cercare di essere un po' più Charlie, al di là della mia immagine di copertina o di profilo su FB, anche fra qualche mese (o basterà meno?) quando Parigi tornerà a essere lontana, laggiù con la sua tour Eiffel spocchiosa e i francesi cugini antipatici e tutto il resto.
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