Una cosa divertente che non farò mai più è il reportage di David Foster Wallace da una nave durante una crociera extralusso ai Caraibi. Argomenti: divertimento di massa, lusso. Stile: umoristico e satirico. Il posto giusto nel quale immergermi in questo momento quando ho voglia di leggere. Ecco una delle sue parti migliori:
«Ma la mia parte infantile è insaziabile – e anzi, la sua essenza, il suo Dasein o quant'altro, sta proprio nella sua insaziabilità a priori. [...] la mia insaziabile parte infantile non farà che accrescere la soglia di soddisfazione fino a conseguire di nuovo la sua omeostasi di grave insoddisfazione. [...] Infatti il mercoledì sono perfettamente consapevole del fatto che la ventola dell'aria condizionata nella mia cabina fischia (e anche forte), e che sebbene io riesca a spegnere il reggae di sottofondo dell'altoparlante in cabina, non posso certo spegnere la voce dell'altoparlante del corridoio 10, che è anche più forte. Ora faccio caso al fatto che quando l'aiuto cameriere che incombe sul tavolo 64 usa la spazzolina per togliere le briciole dalla tovaglia tra una pietanza e l'altra, non riesce a togliere mai veramente tutte le briciole. Ora il rumore notturno del cassetto fuori binario del Fantarmadio mi sembra quello di un martello pneumatico. Sirena degli oceani o no, quando Petra rifà il letto non tutti gli angoli da letto d'ospedale sono esattamente uguali in ampiezza. La mia scrivania/toletta ha una crepa sottile ma misteriosamente simile alla fessura fra due labbra nell'angolo superiore destro del ripiano, e sono arrivato a odiarla, questa crepa, perché non riesco a fare a meno di guardarla non appena apro gli occhi la mattina [...].»
Quella crepa, proprio quella crepa mi è entrata in testa e non me la tolgo più come metafora di qualcosa di storto che continui a guardare in faccia la mattina, e più la guardi più ti dà fastidio e ti sembra enorme. Ogni tanto capita di avere una di queste crepe nella vita, una crepa che pian piano diventa una voragine, una faglia. Di solito è un problema, di qualsiasi tipo. Più la guardi più cresce e, quando va davvero male, rischia pure di inghiottirti.
Quando sono andata in Austria e mi sono ritrovata senza un posto dove dormire causa un disguido del tipo che gestiva gli alloggi degli studenti, la ragazza che mi è venuta in aiuto, Lucia, mi ha detto una cosa che mi è rimasta impressa: quando hai un problema, più lo guardi e ci rimugini più il problema diventa un grande problema. Se invece non ti limiti a guardarlo e cerchi di fare il possibile per risolverlo, allora il problema torna alle sue normali dimensioni. (Tutto questo, però, l'ha detto in tedesco.) Forse perché ero bendisposta, giovane e piena di risorse, più di quante credessi di avere, il messaggio è arrivato dritto là dove doveva arrivare. Vorrei essere altrettanto brava a far passare quel messaggio ora a chi mi è accanto, ma forse non sono così brava a esprimerlo come quella violinista viennese?
«Ma la mia parte infantile è insaziabile – e anzi, la sua essenza, il suo Dasein o quant'altro, sta proprio nella sua insaziabilità a priori. [...] la mia insaziabile parte infantile non farà che accrescere la soglia di soddisfazione fino a conseguire di nuovo la sua omeostasi di grave insoddisfazione. [...] Infatti il mercoledì sono perfettamente consapevole del fatto che la ventola dell'aria condizionata nella mia cabina fischia (e anche forte), e che sebbene io riesca a spegnere il reggae di sottofondo dell'altoparlante in cabina, non posso certo spegnere la voce dell'altoparlante del corridoio 10, che è anche più forte. Ora faccio caso al fatto che quando l'aiuto cameriere che incombe sul tavolo 64 usa la spazzolina per togliere le briciole dalla tovaglia tra una pietanza e l'altra, non riesce a togliere mai veramente tutte le briciole. Ora il rumore notturno del cassetto fuori binario del Fantarmadio mi sembra quello di un martello pneumatico. Sirena degli oceani o no, quando Petra rifà il letto non tutti gli angoli da letto d'ospedale sono esattamente uguali in ampiezza. La mia scrivania/toletta ha una crepa sottile ma misteriosamente simile alla fessura fra due labbra nell'angolo superiore destro del ripiano, e sono arrivato a odiarla, questa crepa, perché non riesco a fare a meno di guardarla non appena apro gli occhi la mattina [...].»
Quella crepa, proprio quella crepa mi è entrata in testa e non me la tolgo più come metafora di qualcosa di storto che continui a guardare in faccia la mattina, e più la guardi più ti dà fastidio e ti sembra enorme. Ogni tanto capita di avere una di queste crepe nella vita, una crepa che pian piano diventa una voragine, una faglia. Di solito è un problema, di qualsiasi tipo. Più la guardi più cresce e, quando va davvero male, rischia pure di inghiottirti.
Quando sono andata in Austria e mi sono ritrovata senza un posto dove dormire causa un disguido del tipo che gestiva gli alloggi degli studenti, la ragazza che mi è venuta in aiuto, Lucia, mi ha detto una cosa che mi è rimasta impressa: quando hai un problema, più lo guardi e ci rimugini più il problema diventa un grande problema. Se invece non ti limiti a guardarlo e cerchi di fare il possibile per risolverlo, allora il problema torna alle sue normali dimensioni. (Tutto questo, però, l'ha detto in tedesco.) Forse perché ero bendisposta, giovane e piena di risorse, più di quante credessi di avere, il messaggio è arrivato dritto là dove doveva arrivare. Vorrei essere altrettanto brava a far passare quel messaggio ora a chi mi è accanto, ma forse non sono così brava a esprimerlo come quella violinista viennese?
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