D'accordo, no, mi sarà impossibile andare a vedere Wes Anderson perché ormai ho preso la forma del sedile al teatro e ho un mal di schiena mica da poco.
Ieri abbiamo visto 3 film senza soluzione di continuità, iniziando dalle 15.35 e finendo alle 22.30 circa. Niente male! D'altra parte avendo solo la giornata di ieri abbiamo cercato di approfittarne più possibile, cercando anche di scegliere con cognizione di causa i film da andare a vedere, leggendo trame e commenti e sperando in bene! Il biglietto non costa tanto, ma a volte rischi di vederti delle vere ciofeche. Per fortuna, non è stato così. Il tran tran è stato: fila per entrare, film, esci (purtroppo non si può restare in sala e tenersi il posto anche se si hanno già i biglietti per il film successivo) rimettiti in fila, film, esci, fila di nuovo, film. Il problema è uscire da un film e trovarsi già una fila chilometrica per il successivo, e quindi correre in prima o seconda galleria per guadagnarsi un posto decente. Sperando di riuscire a leggere i sottotitoli. Mentre una volta erano proiettati in originale, con sottotitoli in inglese e per chi voleva traduzione simultanea in cuffia, ora ci sono i doppi sottotitoli in inglese e in italiano. Devo dire che è bellissimo vedere un film orientale nella sua lingua originale, nonostante la fatica di seguire i dialoghi scritti sotto (fatica per gli occhi). Anche se spesso i dialoghi non sono molto serrati, e silenzio e immagini parlano davvero da soli.
Sono rimasta molto colpita dal secondo dei tre film (The Face Reader, di Han Jae-rim, Corea) che pensavo mi sarebbe piaciuto meno degli altri e invece alla fine mi è piaciuto più di tutti: un film coreano in costume, ambientato nel 1455 ai tempi della drammatica caduta della dinastia Joseon.
Un film che all'inizio sembrava un po' una cagata, seppur ben fatto, ma poi si è rivelato di una drammaticità e di un'intensità che ci hanno fatto restare incollati per tutti i 139 minuti. Sì, 139 minuti di film orientale non sono pochi, se consideriamo che spesso un film della durata normale di un'oretta e mezza riesce a sembrare infinito! Invece questo ci ha proprio acchiappati. (E noi che avevamo pensato, se non ci piace usciamo prima e ci beviamo l'aperitivo nel foyer, c'era un Sauvignon di Felluga che ci attendeva lì... l'abbiamo bevuto alle dieci e mezza, invece!)
Il primo film era invece uno psychothriller (Bilocation, di Mari Asato, Giappone) insomma una specie di horror vagamente b-movie, con una storia che aveva del potenziale ma che peccava un po' in alcune fasi della narrazione. Ma alla fine si è rivelato meno scontato di quello che temevo, e soprattutto il finale mi ha lasciato un po' di stucco, perché un paio di soluzioni le ho trovate davvero vincenti.
L'ultimo, invece, un altro dramma (Barber's Tale, Jun Robles, Filippine) che all'inizio faceva un po' fatica a partire ma invece si è rivelato una storia molto intensa e interessante. Un film filippino ambientato nell'epoca della dittatura di Marcos, dove la storia privata della moglie di un barbiere si intreccia con quella dei dissidenti del Paese. Molto intenso, tanto che il lungo applauso finale ha commosso la protagonista, Eugene Domingo, presente in sala (com'erano presenti anche i registi degli altri due film).
Una cosa molto interessante è stato notare come la lingua che si parla nelle Filippine porti un misto quanto meno di inglese e di spagnolo, perché di tanto in tanto si riconoscevano in modo molto chiaro parole di quelle lingue, o a esse molto simili. La cosa direi che merita un approfondimento.
E ci siamo comprati anche il dvd di Fish Story, un film che avevamo visto un paio d'anni fa, e che ci aveva parecchio divertito. Insomma, come sempre esco dal Far East felice, stanca e molto molto arricchita. Bello, davvero.
Commenti
In più sono ossessionata dalle serie tv. Se ci fosse un festival di questo tipo anche per le serie tv potrei diventare scema! :-))))