Volevo scrivere questo post ancora ieri sera, ma alla fine non ce l'ho fatta perché, come al solito, mi sono ritrovata a finire di lavorare la sera. E dopo non ce la facevo più (però ho giocato un po' a Rayman con l'iPad del moroso, ecco, come premio per aver lavorato fino alle dieci e mezza o forse soltanto per fare un altro passo verso la cecaggine :D)
Per una volta, e lo dico perché è una cosa che non succede mai, parto dal titolo e non dal post. Il titolo di solito viene sempre per ultimo. Anche con i libri succede così, anche quando sono tradotti. Il titolo è sempre l'ultima cosa che si sceglie, tipo il giorno stesso della stampa, o quasi: perché è una questione di marketing, anche. So che è un po' triste e non molto poetico, ma a volte necessario, e non è raro che all'ultimo arrivi il guizzo giusto per trovarne uno che riassuma davvero lo spirito del libro. Ultimamente troppo spesso i titoli fanno schifo, a dirla tutta.
Ieri invece, caso strano, mi è balzato in testa di scrivere un post intitolato così, cose a metà, ma non so bene perché. Non so nemmeno più cosa stessi facendo quando mi è venuto in mente, ma devo dire... lo so sto tergiversando senza sapere dove andare a parare. Resta sempre e comunque un buon esercizio di scrittura. Ma nemmeno divagare riesce sempre tanto bene, magari dovremmo imparare da Calvino e «seguire una linea retta» («nella speranza che continui all'infinito e mi renda irraggiungibile», Lezioni americane, libro imprescindibile, ragazzi, imprescindibile).
Credo di sapere perché mi è venuto in mente questo titolo: perché devo smetterla di iniziare cose e non finirle. O meglio, mi spiego, le finisco, ma dopo. Inizio, lascio, passo ad altro, riprendo, poi finisco. Sono sempre stata così "casinara", o è colpa di internet? O è colpa delle troppe cose da fare? O non sono padrona del mio tempo? Soprattutto, non sono padrona dei miei pensieri che volano di palo in frasca e non riesco mai a metter loro un bel recinto e separarli, convogliarli. Temo di essere vittima di una sovraproduzione di attività mentale, che invece di portarmi da qualche parte mi confonde, facendomi finire per lasciare... le cose a metà. D'altro canto, ho sempre fatto fatica a dividere il mio tempo in compartimenti stagni. Ci provo, a volte, e nonostante sia una persona puntuale (a un appuntamento non arrivo mai tardi) non sono schiava dell'orologio. Che a volte è un bene a volte un male.
«La morte sta nascosta negli orologi [...]. Se la linea retta è la più breve fra due punti fatali e inevitabili, le digressioni la allungheranno: e se queste digressioni diventeranno così complesse, aggrovigliate, tortuose, così rapide da far perdere le proprie tracce, chissà che la morte non ci trovi più, che il tempo si smarrisca, e che possiamo restare celati nei mutevoli nascondigli». (Carlo Levi, cit. da Calvino in Lezioni americane).
Allora forse sono digressioni, le mie cose a metà.
Per una volta, e lo dico perché è una cosa che non succede mai, parto dal titolo e non dal post. Il titolo di solito viene sempre per ultimo. Anche con i libri succede così, anche quando sono tradotti. Il titolo è sempre l'ultima cosa che si sceglie, tipo il giorno stesso della stampa, o quasi: perché è una questione di marketing, anche. So che è un po' triste e non molto poetico, ma a volte necessario, e non è raro che all'ultimo arrivi il guizzo giusto per trovarne uno che riassuma davvero lo spirito del libro. Ultimamente troppo spesso i titoli fanno schifo, a dirla tutta.
Ieri invece, caso strano, mi è balzato in testa di scrivere un post intitolato così, cose a metà, ma non so bene perché. Non so nemmeno più cosa stessi facendo quando mi è venuto in mente, ma devo dire... lo so sto tergiversando senza sapere dove andare a parare. Resta sempre e comunque un buon esercizio di scrittura. Ma nemmeno divagare riesce sempre tanto bene, magari dovremmo imparare da Calvino e «seguire una linea retta» («nella speranza che continui all'infinito e mi renda irraggiungibile», Lezioni americane, libro imprescindibile, ragazzi, imprescindibile).
Credo di sapere perché mi è venuto in mente questo titolo: perché devo smetterla di iniziare cose e non finirle. O meglio, mi spiego, le finisco, ma dopo. Inizio, lascio, passo ad altro, riprendo, poi finisco. Sono sempre stata così "casinara", o è colpa di internet? O è colpa delle troppe cose da fare? O non sono padrona del mio tempo? Soprattutto, non sono padrona dei miei pensieri che volano di palo in frasca e non riesco mai a metter loro un bel recinto e separarli, convogliarli. Temo di essere vittima di una sovraproduzione di attività mentale, che invece di portarmi da qualche parte mi confonde, facendomi finire per lasciare... le cose a metà. D'altro canto, ho sempre fatto fatica a dividere il mio tempo in compartimenti stagni. Ci provo, a volte, e nonostante sia una persona puntuale (a un appuntamento non arrivo mai tardi) non sono schiava dell'orologio. Che a volte è un bene a volte un male.
«La morte sta nascosta negli orologi [...]. Se la linea retta è la più breve fra due punti fatali e inevitabili, le digressioni la allungheranno: e se queste digressioni diventeranno così complesse, aggrovigliate, tortuose, così rapide da far perdere le proprie tracce, chissà che la morte non ci trovi più, che il tempo si smarrisca, e che possiamo restare celati nei mutevoli nascondigli». (Carlo Levi, cit. da Calvino in Lezioni americane).
Allora forse sono digressioni, le mie cose a metà.
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