Nella mia continua ricerca di dare un senso anche alle notizie poco piacevoli (ridimensionabili, almeno), mi sono imbattuta nella frase di Einstein in cui si diceva che ogni minuto che passiamo arrabbiati perdiamo 60 secondi di felicità. Che nonostante Einstein fosse un genio è una frase che va bene giusto per Facebook, ma diciamo che nella sua tautologica semplicità può aiutare noi donne impulsive, rabbiose, catastrofiche (e anche quegli uomini che sono così) ad assumere un atteggiamento diverso nei confronti delle cose. Atteggiamento zen? Rassegnazione? Chi se ne importa, basta che la prospettiva non venga distorta troppo, e basta che ci aiuti ad accorgerci che la sottrazione aspettative-meno-realtà non dà come risultato un numero poi così alto. Non so se mi spiego.
Nella mia continua ricerca di scrivere il post che ogni lettore vorrebbe leggere, invece, mi rendo conto che la mia ispirazione ha uno stranissimo modus operandi. Sarà che sto leggendo molto su scrittura-ispirazione-revisione-scelta delle parole giuste e tutto ciò che il calderone di informazioni che è internet contiene riguardo all'argomento "scrivere, raccontare, narrare", e quindi sono più attenta a quello che esce da questi tasti e ai processi mentali che ci stanno sotto.
Fatto sta che l'altra mattina sono stata presa da una fulminazione creativa. Una parola dietro l'altra, una frase appresso all'altra, in un turbine che il mio cervello a stento riusciva a contenere. A differenza di quegli scrittori che si alzano e prendono carta e penna per buttare giù tutte le cose che passano loro nella testa in quegli istanti, me ne sono stata a poltrire nel letto cercando di seguire con attenzione quel flusso per vedere dove portava. (Poltrire nel letto perché comunque erano le 5 di mattina e francamente io, come Bart Simpson, fino a poco tempo fa non sapevo nemmeno che esistessero le 5 di mattina.) Fatto sta che oltre alla serie di cose che mi venivano in mente, proprio da scrivere qui sul blog (cose che, cretina io, non ricordo per niente) contemporaneamente pensavo al fatto che avrei dovuto anche raccontarvi che cosa succede in quei momenti di "euforia espressiva": succede, nella fattispecie, che mi sembra che le parole, le frasi, vogliano uscirmi dalle tempie, dagli occhi, dalle mani (ma non dalla bocca, perché proprio non sarebbe il mezzo adatto), mi fanno venire il mal di testa per il loro continuo volteggiare e ronzare attorno al cervello, con il risultato che il battito cardiaco aumenta (con buona pace della povera-assonnata-Michela-che-vorrebbe-continuare-a-dormire) e mi viene da ridere. Non è euforia questa?
Purtroppo i giorni scorsi ho letto da qualche parte che quando arriva l'ispirazione invece di scriverla subito è meglio farsela girare un po' per la testa finché non è pronta. Solo che io che faccio? Dimentico. Insomma, questa cosa dell'ispirazione ve l'ho raccontata, d'accordo, ma l'altra? La storia che aveva scatenato anche l'impulso di scrivere di quando mi vengono di colpo delle idee durante la notte, quella storia lì che fine ha fatto? Buio totale, pece nera.
Nella mia continua ricerca di sviluppare interessi prima da me ritenuti impossibili, lo scorso fine settimana ho preparato una torta. Da sola, a casa oltre al cane non c'era un'anima. E non il tiramisù, che non ha bisogno del forno. Una vera torta, da preparare, infornare, sfornare ecc. ecc. Non avevo mai infornato una torta in vita mia. Ho sempre avuto il terrore di bruciare tutto o di combinare chissà quale assurdo disastro. Chissà poi perché, non ho mai avuto esperienze negative in cucina, tutto sommato, per quel poco che ho cucinato, s'intende. (E ho imparato anche a fare il risotto.)
Nella mia continua ricerca di trovare il modo di perdermi nel tempo (io sono una persona puntuale e precisa, abbastanza almeno, eppure il tempo lo odio) ho scritto una poesia che forse non sarà bella e non sarà veramente poesia, ma della quale mi sono totalmente innamorata. Non posso pubblicarla perché l'ho inviata per partecipare a un concorso (uno deve pur provarci), quando non sarà più necessario lasciarla inedita la posterò. Forse, perché potrei esserne troppo gelosa o anche imbarazzata. Chissà.
Nella mia continua ricerca di migliorare capacità e occasioni, mi iscriverò a un breve corso on line di traduzione, che teoricamente mi darà la possibilità di tradurre due racconti (uno dall'inglese e uno dal tedesco) che poi verranno pubblicati all'interno di una collana. Anche di questo parlerò più avanti, quando saprò con precisione come si svilupperanno le cose.
Nella mia continua ricerca di diventare la persona che il mio cane vorrebbe che fossi (parafrasando la frase di qualcuno, ma non ricordo chi fosse) è meglio che vi saluti, perché per lui è ora della pappa.
Buona serata!
Nella mia continua ricerca di scrivere il post che ogni lettore vorrebbe leggere, invece, mi rendo conto che la mia ispirazione ha uno stranissimo modus operandi. Sarà che sto leggendo molto su scrittura-ispirazione-revisione-scelta delle parole giuste e tutto ciò che il calderone di informazioni che è internet contiene riguardo all'argomento "scrivere, raccontare, narrare", e quindi sono più attenta a quello che esce da questi tasti e ai processi mentali che ci stanno sotto.
Fatto sta che l'altra mattina sono stata presa da una fulminazione creativa. Una parola dietro l'altra, una frase appresso all'altra, in un turbine che il mio cervello a stento riusciva a contenere. A differenza di quegli scrittori che si alzano e prendono carta e penna per buttare giù tutte le cose che passano loro nella testa in quegli istanti, me ne sono stata a poltrire nel letto cercando di seguire con attenzione quel flusso per vedere dove portava. (Poltrire nel letto perché comunque erano le 5 di mattina e francamente io, come Bart Simpson, fino a poco tempo fa non sapevo nemmeno che esistessero le 5 di mattina.) Fatto sta che oltre alla serie di cose che mi venivano in mente, proprio da scrivere qui sul blog (cose che, cretina io, non ricordo per niente) contemporaneamente pensavo al fatto che avrei dovuto anche raccontarvi che cosa succede in quei momenti di "euforia espressiva": succede, nella fattispecie, che mi sembra che le parole, le frasi, vogliano uscirmi dalle tempie, dagli occhi, dalle mani (ma non dalla bocca, perché proprio non sarebbe il mezzo adatto), mi fanno venire il mal di testa per il loro continuo volteggiare e ronzare attorno al cervello, con il risultato che il battito cardiaco aumenta (con buona pace della povera-assonnata-Michela-che-vorrebbe-continuare-a-dormire) e mi viene da ridere. Non è euforia questa?
Purtroppo i giorni scorsi ho letto da qualche parte che quando arriva l'ispirazione invece di scriverla subito è meglio farsela girare un po' per la testa finché non è pronta. Solo che io che faccio? Dimentico. Insomma, questa cosa dell'ispirazione ve l'ho raccontata, d'accordo, ma l'altra? La storia che aveva scatenato anche l'impulso di scrivere di quando mi vengono di colpo delle idee durante la notte, quella storia lì che fine ha fatto? Buio totale, pece nera.
Nella mia continua ricerca di sviluppare interessi prima da me ritenuti impossibili, lo scorso fine settimana ho preparato una torta. Da sola, a casa oltre al cane non c'era un'anima. E non il tiramisù, che non ha bisogno del forno. Una vera torta, da preparare, infornare, sfornare ecc. ecc. Non avevo mai infornato una torta in vita mia. Ho sempre avuto il terrore di bruciare tutto o di combinare chissà quale assurdo disastro. Chissà poi perché, non ho mai avuto esperienze negative in cucina, tutto sommato, per quel poco che ho cucinato, s'intende. (E ho imparato anche a fare il risotto.)
Nella mia continua ricerca di trovare il modo di perdermi nel tempo (io sono una persona puntuale e precisa, abbastanza almeno, eppure il tempo lo odio) ho scritto una poesia che forse non sarà bella e non sarà veramente poesia, ma della quale mi sono totalmente innamorata. Non posso pubblicarla perché l'ho inviata per partecipare a un concorso (uno deve pur provarci), quando non sarà più necessario lasciarla inedita la posterò. Forse, perché potrei esserne troppo gelosa o anche imbarazzata. Chissà.
Nella mia continua ricerca di migliorare capacità e occasioni, mi iscriverò a un breve corso on line di traduzione, che teoricamente mi darà la possibilità di tradurre due racconti (uno dall'inglese e uno dal tedesco) che poi verranno pubblicati all'interno di una collana. Anche di questo parlerò più avanti, quando saprò con precisione come si svilupperanno le cose.
Nella mia continua ricerca di diventare la persona che il mio cane vorrebbe che fossi (parafrasando la frase di qualcuno, ma non ricordo chi fosse) è meglio che vi saluti, perché per lui è ora della pappa.
Buona serata!
Commenti
e il tizio del cane credo fosse Woody Allen.