Ti ricordi quando è nevicato in marzo,
e noi abbracciati a guardare dal vetro,
la meraviglia davanti e quasi niente dietro,
e l'assente ticchettìo degli orologi al quarzo.
Quanto mi piace questa poesia. È strabella, stradolce e soprattutto arriva inaspettata. La prima volta che l’ho letta è stata una meraviglia. La dedico a te, naturalmente, sperando di riuscire a fartela leggere nel suo contesto un giorno, anche se le case editrici ci sono contro (ma la biblioteca di Casarsa dovrebbe potercela fornire!!).
Come si sta bene quando si sta davvero bene.
Mente libera, sguardo ottimista, nonostante alcune cose vadano messe a posto. Ma si fa tutto. È sempre stato così, e ogni volta che qualcuno mi racconta un suo problema il consiglio è sempre quello: si sistema tutto, a volte è una strada lunga, tortuosa e minata, ma ce la si fa. Che tu cambi le priorità o che rivoluzioni la tua vita mantenendo le stesse priorità poco importa, il risultato alla fine deve essere: è la migliore delle cose che sarei stato in grado di fare in questo momento. C’è sempre la via giusta, la sai sempre. Poi se vuoi sbagliare per sbatterci la testa contro è comunque un’esperienza che a volte va fatta.
Così, è un discorso generico che riguarda il 2008 e non serve dare spiegazioni ma lo scrivo perché sono sicura che un giorno potrebbe capitarmi di aver bisogno di rileggere queste parole, e so che le troverò qui.
Prima rileggevo qua e là il blog e ho pensato: “Ehi, mi sento proprio a casa mia in questo blog!” O cacchio per forza, è il mio!!! Deliri casuali, ma avevo voglia, oggi pomeriggio, di sentirmi proprio a casa e qui alla fin fine mi ci sento. Qui e in pochi altri posti che si trovano: in canzoni, libri, foglietti vari ed eventuali, pagine internet e soprattutto nella mia testa. Il posto in cui vado è il posto che mi creo. Ed è pure ben arredato! E riscaldato!
Tornando alla poesia d’apertura: non è dolcissima? Neve, silenzio ovattato, un vetro che separa il caldo (dentro, casa, abbracciati) dal freddo (la neve, il mondo fuori che fa tanta paura [lo dico perché è in sintonia con la psiche un po’ malata dei protagonisti]). Ma è marzo, nevicata inaspettata, quello che di bello ha l’inverno ti saluta mentre la primavera già arriva: il niente dietro, un inverno triste che se ne va e la meraviglia di quello che sta arrivando. E poi quel silenzio, così profondo perché non ci sono orologi che ticchettano (eh sì il protagonista, fobico, non li voleva in casa!). Tempo sospeso.
Sono così dolci, rassicuranti e felici questi quattro versi. Capitano dei momenti così, se vi accade godeteveli, assaporateveli perché durano un battito di ciglia, ed è per quello che ne è valsa la pena.
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