Dopo aver lavorato tanto i giorni scorsi ho avuto una mattina libera, e ne avevo davvero bisogno. Ho fatto delle cose in casa che erano da fare, sono andata a correre, rientrata ho continuato a fare ginnastica con pesi, cavigliere e un po' di yoga alla fine perché avevo bisogno di sfogare ogni centimetro di tristezza. Un pochino è servito. Ho mangiato solo un'insalata, perché mi sentivo il cuore così pesante che non riuscivo a pensare di fare di più.
Ma prima, mentre passeggiavo con Zuma, subito dopo aver portato Daffy a scuola, avevo ascoltato una canzone di Giorgio Canali che mi ha completamente annientata, per quanto l'ho sentita mia e anche per quanto mi è sembrata bella, e allora l'ho riascoltata all'infinito perché era bella e perché mi faceva piangere, anche se le lacrime mi scendevano mentre camminavo per le stradine del quartiere e la gente mi guardava un po' strano. Pensavo che ascoltandola a ripetizione ne avrei annullato l'effetto, avrei smesso di sentire le note che mi entravano nelle vene fino a farmi male, e avrei smesso di sentire quell'odore tipico della malinconia, quello che sento e che è misto ad altro che non posso dire. Ma ancora non basta, forse non passerà lo stesso, la ascoltassi altre mille volte. Eppure non riesco a smettere di ascoltarla, o cantarmela in testa, anche se ogni volta continua a fare male.
«E chissà quando guarirà questo cuore anoressico
Condannato per l'eternità a girare in tondo, in tondo, in tondo, in tondo»
Quando sarà tutto travolto e stravolto, travolto di nuovo dalla quotidianità e stravolto da una parvenza di normalità e di felicità – o di stordimento – e di "questa è la strada, continua di qua" quelle note riemergeranno da sole a ricordarmi che forse non è così, che forse non è tutto lì. E quindi?
E quindi non lo so.
«E che voglia di piangere ho».
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