Di solito settembre è il mio mese: non perché si ricomincia, si fanno i buoni propositi, si cambiano le cose. O forse anche.
È il mio mese perché non amo il caldo e settembre lo addolcisce, facendomi apprezzare le giornate molto soleggiate perché comunque danno tregua presto, o perché all'ombra si sta bene. È il mio mese perché compio gli anni, evento che, non so perché, amo sempre tanto. È il mio mese perché mi dona qualche giornata grigia (giornate che io amo tantissimo) senza però renderle un'abitudine troppo deprimente. È il mio mese perché i primi freddi dentro casa ci fanno tirare fuori coperte sotto le quali dormo molto meglio che quando fa caldo.
Quest'anno però il mio mese faticava a partire col piede giusto. In ballo c'erano diversi fattori: innanzi tutto un fastidio di salute che mi sono portata dietro da fine luglio (per questo sì che devo ringraziare proprio il caldo, credo), un'infiammazione che faticava a passare e che ha senz'altro reso anche le mie vacanze meno godibili del solito. Ora che sembra finalmente passata del tutto sento di potermi riprendere il mio mese. Il mio tempo.
Aggiungiamoci le ansie da inizio scuola, con regole ancora da definire del tutto e con dubbi molto maggiori delle certezze. Ma anche su questo ci sto mettendo del mio per affrontare le cose con quel misto di rassegnazione e ottimismo che placa l'animo.
Questo 2020 più che mai è un anno in cui dobbiamo goderci quel che abbiamo e quel che siamo in grado di fare nonostante tutto. Le vacanze nonostante tutto, la scuola nonostante tutto, il lavoro nonostante tutto, incontrare le persone che amiamo nonostante tutto. Stare bene nonostante tutto.
Per quanto riguarda le cose tipiche di settembre, i nuovi inizi e i buoni propositi, quest'anno la pausa è stata talmente breve che mi pare di aver semplicemente ripreso là dove avevo lasciato. Sì, mi sono riposata e sì, ho ricominciato senza dover correre da subito, per circostanze non dipendenti da me e forse anche per atteggiamento mentale (sono umana, faccio quello che è umanamente possibile). Ho preso delle decisioni che mi hanno tolto dei pesi (per esempio quest'anno non mi prendo l'impegno della palestra, ma cercherò di fare sport da sola, perché ho ammesso finalmente una cosa con me stessa: l'illusione di andare in palestra per socializzare è del tutto mal riposta. Io sono un essere asociale e non ho stretto amicizia con nessuno in palestra, e quando è capitato è stato anni fa, non certo negli ultimi due, e non ho nemmeno mai approfondito molto. Sono una persona solitaria, riservata e piuttosto timida, e per me è uno sforzo cercare di farmi amiche – discutere, parlare, perfino uscirci per la pizza, magari – persone con cui alla fine non ho nulla da condividere se non un paio d'ore alla settimana. Quindi, perché sforzarmi e sentirmi continuamente a disagio? Lo so che uno dovrebbe buttare il cuore oltre l'ostacolo eccetera eccetera, ma non è che questo tipo di sforzo, mi pare, mi porti a qualcosa. Quindi no, non sarà lì che dirigerò le mie energie. Piuttosto, se devo uscire dalla mia comfort zone, è meglio che scelga bene per quali obiettivi farlo).
So che questa decisione può sembrare una sciocchezza, il fatto è che bisogna conoscere le nostre giornate per capire la differenza. Infatti mi sento già più rilassata all'idea di essermi tolta quella che ormai mi pareva solo una rottura di palle, fatta di incastri difficili da far combaciare in una famiglia allargata che comporta impegni e spostamenti proprio in quegli orari un giorno sì e uno no. Non vi nascondo che mi sembra di essere sempre io quella che si sacrifica, e forse è un po' vero... be', su questo non aggiungo altro, perché la verità è che ci sacrifichiamo parecchio entrambi. Il fatto è che quando fai le cose per amore, non viene nemmeno da chiamarlo sacrificio, nonostante la fatica che ci sta sotto certe volte sia parecchio tangibile.
La cosa bella è che però non mi sento mai di navigare in due imbarcazioni diverse. È solo che ci alterniamo al timone, ma quella fatica la condividiamo, ognuno a modo nostro. In realtà non credo che potrei davvero chiedere di meglio.
Commenti
Il punto non è che non mi piacesse (anche se al secondo anno mi era venuto tutto un po' a noia), ma mi stressavano gli incastri di orari. Il fatto è che penso sempre che se non mi sforzo di fare alcune cose fuori di casa finisco per impazzire. (Adoro lavorare a casa, e anche stare sola, ma a volte sento la mancanza di qualche rapporto in più. Con i rapporti interpersonali sono un po' una ciofeca). Finito il lavoro non mi rimane molto tempo per fare altro, quindi avere un impegno "fisso" che mi portasse fuori era comunque positivo. Ahah, se penso che alla fine ritenevo positivo fare la rappresentante dei genitori perché così mi sarei dovuta rapportare con gli altri... Risultato: mi sto stramaledicendo per averlo fatto, un po' causa Covid, un po' perché i genitori sono una gran rottura di coglioni :D :D :D