Insomma, una settimana normale non la riusciamo mica a fare. Martedì le scuole erano chiuse per l'allerta meteo, e ok, ma poi la piccola mi torna a casa dalla nonna con la febbre. E la sera arriva il mal di gola. Ora, non so se lo sapete, ma al giorno d'oggi (magari anche meglio così) i dottori non danno più nessuna medicina (ripeto, non sono una fan degli antibiotici dati subito, quindi va bene così) ma che so, uno sciroppetto, una robina... niente. È da un mese che alterniamo raffreddori, tossi, ora il mal di gola. Quindi anche il resto della settimana la scuola l'abbiamo vista col binocolo, e ho dovuto riorganizzare tutto quanto con i nonni per riuscire a lavorare (in realtà quando lei è dai nonni io lavoro pure con più calma, perché gli orari sono più flessibili).
Il fatto è che mi piace la nostra routine da quando è iniziata la scuola. Anche se quando la vado a prendere pianta una serie di capricci infiniti (non a scuola, ma nel tragitto scuola-casa e poi a casa: credo sia la sua forma di vendetta per non essermela tenuta a casa con me) alla fine, nonostante la stanchezza e le corse, almeno poi passiamo un po' di tempo insieme, ed è tempo di qualità.
Quando sta male, mi si stringe il cuore a non poter fare niente. Poi penso a quelle mamme e quei papà che hanno figli malati, ma malati gravemente, con problemi che si porteranno dietro tutta la vita, che passano notti insonni per assicurarsi che i figli – che so – respirino, e allora la stringo più forte e mi ricordo che fortuna che ho, mi ricordo che una notte insonne per me purché lei stia fra le mie braccia rassicuranti non sono nulla all'interno del quadro generale.
Perché poi passerà.
E così questa cosa bella che ho letto stamattina, che tutto quello che abbiamo è pura fortuna e che l'unica cosa che non ci verrà mai restituita è il tempo, per cui impariamo a farne il cazzo che vogliamo, mi pare un mantra da ricordare ogni mattina. (L'ho letto da un post su Facebook della mitica Micol Beltramini, che così parafrasava le parole di un dottore che ha in cura sua madre).
Allora penso che alla fine facciamo bene a smazzarci il culo per riuscire a tirare fuori qualche giornata da dedicare a loro – a entrambi, anche se uno dei due non è mio figlio ci tengo come lo fosse – chiedere che cosa vorrebbero fare e accontentarli, mica sempre, ma in modo che possiamo renderci felici tutti insieme, quella felicità data non dalle cose straordinarie, ma proprio dalla normalità di tempi quieti che trascorrono senza affannarsi, senza urla e senza litigi, che solo prestando un po' più di ascolto si riesce a ottenere. E probabilmente solo nei weekend :D
Va be', vita più o meno frenetica a parte, ho letto Nudi e crudi di Alan Bennett che mi è piaciuto ma pensavo di più. Colson Whitehead arranca ma solo perché sono impegnata a non addormentarmi anche in piedi viste le notti semi-insonni ed è più lungo. Ma è bello.
Altro in vista al momento non ho (ah, non parlo di libri, di cose in genere) perché questo stallo da malattie non ci ha fatto fare molti progetti. Qualche compleanno in vista, una cena che per ora è rimandata perché non siamo quasi mai padroni dei fine settimana, e poi, be'... fra un po' c'è una letterina a Babbo Natale da scrivere e chissà poi dicembre cosa porterà.
Per ora, spero porti anticorpi più potenti.
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