Gli abbracci al mattino sono la coperta del divano prima di convincere mia figlia a fare colazione.
Mettersi il giubbotto, cosa che adesso sembra assurda.
Cambiare i pannolini, cosa che non devo fare più.
Controllare i messaggi su Facebook (che importanti non lo sono praticamente mai).
Scrivere un post qui.
Adesso ci sono nuove routine.
Aspettare che mia figlia abbia finito le piccole operazioni che riesce a fare per aiutarmi a preparare la colazione.
Aspettare che abbia finito di fare pipì da sola per usare il bagno.
Aspettare che su Facebook arrivi un messaggio di cui mi importi.
Aspettare l'ispirazione per scrivere un post qui.
No, ma non passo solo il tempo ad aspettare. Ma forse vivo con più lentezza. Sarà l'estate e il caldo e il mio tentativo di sudare il meno possibile. Sarà che dopo aver sentito me stessa dire per l'ennesima volta "Dai, muoviti che è tardi" mi sono stufata che sia sempre tardi e guardo meno l'orologio.
Conto il tempo in pagine che mi mancano per finire di leggere invece che in orari che nessuno mi ha dato.
Aspetto che la luce svanisca del tutto per mandare mia figlia a letto. Sarà che è estate e anche se sono lontanissimi i tempi in cui estate era sinonimo di vacanza il mood è comunque ancora un po' quello.
Estate per me è sempre più un passaggio che una meta, a parte quando ad agosto andiamo in vacanza o mio marito è a casa e quindi comunque delego di più.
È un passaggio stancante, perché giugno e luglio sono sempre tutti zeppi, con tutti che vogliono chiudere più cose possibile perché tanto si sa che altrimenti del resto fino a settembre non se ne parla.
Un passaggio fino al relax, che poi dura sempre troppo poco, e fino a settembre, quando tutto ricomincia e io mi sento di nuovo a casa.
Cerco di godermi il passaggio, per una volta, ci provo almeno, senza preoccuparmi troppo del resto, come chi è nato al mare e cammina tranquillo sulla sabbia senza preoccuparsi di come gli sta il costume, perché col costume c'è nato.
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