È anche il titolo di un libro, una raccolta di racconti di George Saunders di cui però non posso dirvi nulla perché non l'ho letto e non ne so nulla, al momento. Ma prima o poi sarà sullo scaffale.
Ho intitolato così il post perché guardando in basso la data sul computer mi sono accorta che sì, ormai è il dieci di dicembre e non ho detto nulla su questo mese. (Non che debba dire qualcosa su ogni mese dell'anno, ma forse dicembre non è un mese come un altro).
Direi che dicembre è iniziato anche abbastanza bene, con un po' di respiro al lavoro, un pranzo con amici qui a casa nostra, una festa di compleanno per il giovane tredicenne (ha invitato qui gli amici a giocare a Fortnite, abbiamo ordinato pizza per tutti, e dalle risate che provenivano dalla camera posso dire che si sono divertiti un sacco).
Il 2018 sta finendo, e come ormai l'esperienza mi ha insegnato, gli anni che finiscono con l'8 hanno sempre qualcosa di strano.
Il 1998 è stato l'anno dell'estate bellissima e della crisi – crisi nel senso che dicevo addio alla me bambina per diventare una vera adolescente.
Il 2008 è stato l'anno del crollo delle certezze – quelle poche – degli errori profondi, delle delusioni e disillusioni, dello stallo, ma il tutto ha poi portato alla rinascita.
Il 2018 ancora non lo so, ma è stato un anno strano.
Ricordo bene, benissimo come fosse ieri, lo smarrimento che provavo a gennaio, e che forse mi portavo dietro già dai mesi precedenti. Ricordo, e se mi rileggo ritrovo in quelle parole un senso di incompiutezza, che c'era qualcosa che mi faceva vivere male le giornate. Sarà stata la stanchezza che si accumulava, sarà stato che avevo troppe cose da fare e poco tempo e la volontà di farle bene, ma ricordo di aver iniziato l'anno zoppicando un po'. Poi le cose si sono sistemate un po', poi ci sono state altre crisi, a primavera, dovute ad alcune incomprensioni con persone non molto vicine ma con cui bisogna comunque avere a che fare.
È stata un'altalena, ma l'estate è andata bene.
L'autunno... l'autunno è sempre l'autunno, e quest'anno dentro e fuori è stato davvero se stesso: esplosione di colori e nostalgico stupore. Ed è stato bello e intenso, alla fine.
Comunque attraversare i mesi, le difficoltà, le gioie e tutte le sfumature della vita con una bambina di due anni rende tutto molto gioioso da un lato e stancante dall'altro. Perciò ho imparato in questi mesi a godermi meglio le pause.
Le pause ho imparato a prendermele appena posso, venendo qui a scrivere, che è sempre una cosa che mi fa stare particolarmente bene, leggendo e andando anche solo in cerca di libri belli, da consigliare agli amici o sul blog, e cercando di perdere meno tempo, energie e bile sui social.
Non riesco a fare tutto quello che vorrei – ma ormai chi ci riesce più? – però cerco di incastrare cose belle nelle ore della giornata. Sempre, ogni giorno almeno un po'.
Più passeggiate, anche con il buio, più spostamenti in bici, nonostante il freddo. Sono tutte cose che mi fanno riancorare al tempo, che a volte mi pare mi sfugga dalle dita...
Il prossimo post sarà quasi sicuramente "il post di Natale", perché ormai non me la sento proprio di rinunciare a riscrivere la storiella divertente del Babbo in difficoltà a causa delle renne e degli elfi in sciopero. ;)
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