Sabato pomeriggio sono venuti qui due amici del figlio di mio marito a giocare alla PlayStation. E, con i dovuti arrangiamenti, è stato subito Stranger Things (senza però tutta la parte strana).
Mi spiego meglio.
Innanzi tutto vi dico che siamo in astinenza da Stranger Things dopo aver finito di vedere la seconda serie. Perché siamo dei fottuti nostalgici, evidentemente. Perché come fai, alla nostra età, a non riconoscere il te stesso ragazzino in quei dodicenni che si ritrovano a casa di uno a giocare a giochi di ruolo, che girano per il paese in bicicletta, che sono un gruppo con delle regole, che si vogliono bene, scazzano, si riappacificano e tutto il resto. Poi ci sono le cose strane, alla Stephen King, che chi come me a dodici anni si immergeva nei suoi romanzi e racconti come un pesce in mare... va be', che ve lo dico a fare.
E così sabato pomeriggio mi sono sentita nostalgica, anni Ottanta, e vecchia. Ma molto felice della felicità altrui. Perché ho visto felicità in quel paio d'ore passato a giocare a Minecraft, perché avevamo comprato loro il gelato per fare merenda e perché la felicità era in questo: non nell'avere la consolle figa, il gioco figo, o gli amici fighi, ma la condivisione di qualcosa che di solito è solo tuo, la condivisione del tempo, il senso d'appartenenza.
Mi ha ricordato l'estate dopo la fine delle elementari, quando io e una mia amica passavamo quasi ogni giorno una a casa dell'altra e viceversa, o a qualche anno dopo, quando altre amiche passavano da me, o io da loro, e poi prendevamo le bici e andavamo in giro... E avevamo i nostri posti, i nostri rifugi... e poi c'erano gli scazzi, rappacificarsi e tutto il resto. E le lacrime, le risate, le lettere consegnate a mano solo per dire cazzate e ridere piegate in due. Gli scherzi dalle cabine telefoniche, restare a casa dell'amica che non aveva il permesso di uscire e creare un mondo dentro una stanza. Ascoltare gli sfoghi di chi aveva genitori assenti o che causavano veri e propri problemi, a volte ascoltare problemi più grandi di te: perché noi avevamo altri mostri, ma avremmo potuto comunque chiamarli Demogorgone.
E mi ha ricordato che «non ho mai più avuto amici come quelli che avevo a dodici anni», e mi sono resa conto d'improvviso della delicatezza di quel periodo, ma anche della felicità che può dare. E credo siano momenti che ogni genitore (per quanto non sia io il genitore qui, ma comunque sono un adulto che una piccola presenza ce l'ha) dovrebbe ricordare e sui quali soffermarsi per essere più vicino e capire meglio.
Anche solo per capire meglio.
Questa è l'età in cui inizi a essere grande ma sei ancora bambino, è quel tipico periodo dello "scatto" quando cerchi la sicurezza per affacciarti meglio all'autonomia. E credo che molti genitori si pongano su due estremi: autonomia (sei grande, fai da solo), e regole strette (non sei ancora abbastanza grande, non puoi fare da solo). Ve lo ricordate quel periodo? Quando vi pareva di essere abbastanza grandi solo quando faceva comodo e ancora troppo piccoli quando non faceva comodo? Direi che molta tensione preadolescenziale e adolescenziale parte proprio da lì.
Il fatto è che è molto faticoso porsi all'interno delle sfumature, ma dovremmo fare più leva su quelle. O forse no, forse è giusto e inevitabile attraversare quel momento, quella tensione, ma penso che se noi grandi ci sforziamo di ricordare un po' meglio com'era, come ci sentivamo, se riusciamo a ritrovare l'empatia, anche solo a dire "Guarda che mi ricordo, in fondo ti capisco, e comunque poi passerà" probabilmente ai "nostri" ragazzi basterebbe per sentirsi un po' meno abbandonati e un po' più capiti. Ha molto a che fare con dimenticarci un po' dei nostri problemi da adulti e dare dignità alle loro difficoltà.
Spero di ricordarmene fra una decina d'anni.
E comunque, anche per noi, a un certo punto passerà. Vero?
Commenti
Anche io, quando vedo passare la banda di dodicenni in bici... penso a queste cose.
In fondo, trent'anni fa non era diverso da oggi... lo stare insieme, le dinamiche, sono quelle^^
Moz-
Comunque sono stato fortunato: ho perso gli amici di quel periodo lì, ma ne ho acquistati altri di grande valore :)
@Riccardo senz'altro un caso! Tu non puoi averla presa da me perché non è un'espressione solita per me. In prime bozze, avevo scritto "maledetti" ma non mi convinceva, ci ho pensato su e ho cambiato. Ma non avevo in mente questa espressione da prima (e altrimenti ti avrei citato) :D Credo sia l'influenza di Shameless, piuttosto, dato che ieri abbiamo iniziato a vedere l'ottava stagione.
Ma infatti penso che gli amici "di dopo" possano avere un grandissimo valore, sono solo una cosa diversa, com'è normale e giusto che sia...