Volevo scrivere un post e mi sono venute fuori delle cose di cui non sono sicura di aver voglia di parlare.
Però il fatto che siano uscite dovrebbe essere un bene, ma ci devo pensare su. Intanto ve ne racconto un'altra.
Quando ero alle medie, attraversavamo il cortile sul retro per raggiungere l'aula in cui facevamo arte. C'era un campetto da basket, dove speravo di incrociare un tipo che mi piaceva parecchio. Aspettavo quel giorno solo per vedere lui che stava lì a giocare con i suoi amici. Passavamo in fila accanto al campetto, e facevo finta di niente e intanto lo guardavo. Come se potessi telepaticamente inviargli il messaggio che lo stavo osservando e se magari si girava mi faceva contenta, qualcosa del genere.
Sorrido al pensiero della me dodicenne, tredicenne forse, che non andava a cercare la persona in questione, ma attendeva il giorno in cui probabilmente l'avrebbe visto. Che devozione! E soprattutto, che differenza a dodici anni, quando pensi di avere tutta la vita davanti, che basta aspettare e prima o poi succederà qualcosa, rispetto a adesso, che le cose cerchi di farle succedere tu, mica aspetti il giorno della settimana, dato che il tempo corre veloce.
Ma a dodici anni il tempo non corre veloce, il tempo è lì, sospeso, un'eterna scuola media che pensi non finirà mai.
Ricordo che l'aggettivo che associavo a lui non era tanto quello di "figo" o che so io, ma so che aveva uno sguardo buono. Non so se me ne rendessi conto, so che non ricordo di averlo mai visto comportarsi da stronzo, non era di sicuro una cosa che faceva per abitudine, quanto meno. Non si credeva chissà chi, non ti prendeva per il culo gratis. Sembrava semplicemente buono. Alla fine è questo che ho sempre cercato nelle persone. La bontà.
Io pensavo che fosse così evidente, ma forse lui non si è mai accorto di nulla. E poi immagino che la cosa sia durata proprio l'eternità misurata nei tempi di una dodicenne, quindi qualche mese. E insomma, niente, penso che queste cotte adolescenziali, quelle prime farfalle nello stomaco, siano qualcosa di così puro e tenero che è un peccato non rendersene conto nel momento in cui si vivono. D'altra parte se vivessimo l'adolescenza con la consapevolezza del senno di poi, non sarebbe adolescenza.
Se me lo chiedono, sono sicura che sono state quelle le mie primissime farfalle nello stomaco, le prime consapevoli. Ho misurato un sacco di cose, dopo, partendo da quelle farfalle. Ho anche ignorato troppo spesso che le farfalle nuove non reggevano per nulla il confronto. Che forse non erano nemmeno farfalle. E ho ignorato che l'unica cosa che avevo sempre cercato era uno sguardo buono. Poi però ho ritrovato la strada.
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Ciao Miky!