Ci sono delle cose che mi ricordano l'adolescenza come poche altre. Una di queste è un campo di terra rossa, una pista da corsa, un campo sportivo.
Io e la mia amica passavamo i pomeriggi fuori dal palazzetto, lei in attesa dei suoi allenamenti di atletica, io a far finta che un po' di quello sport potesse essere fatto anche per me.
A volte giocavamo sul retro, al campetto da basket, altre ci portavamo racchette e palline da tennis e improvvisavamo una partita di squash, ci sedevamo sulle gradinate in pietra a chiacchierare, e andavamo sulle gradinate in ferro, quelle del campo di calcio, a correre su e giù.
Parlavamo dei ragazzi che ci piacevano, e proprio lì, su quelle gradinate, la sera di qualche anno più tardi avremmo dato i nostri primi baci.
La domenica andavamo al palazzetto a guardare le partite di basket dove giocavano uno o più di quelli a cui volevamo giurare il nostro amore eterno, eterno fino almeno all'autunno successivo...
Era anche il luogo in cui facevamo i giochi della gioventù, il segno che la primavera era davvero arrivata, che la scuola stava finendo, le prime uscite in pantaloncini corti e i passi da contare per il salto in lungo, quelli per il salto in alto, i blocchi di partenza...
Era quando avevamo tutto quanto davanti, la pista era soltanto all'inizio e dovevi correre, correre per arrivare primo ad acchiapparti il tuo sogno.
Aprile per me ha il colore della terra rossa, l'ha sempre avuto.
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