Oggi sono finalmente riuscita a pranzare con mia madre, cosa che pareva impossibile ultimamente tra gli impegni miei e i suoi. Ma alla fine ce l'abbiamo fatta.
Abbiamo bevuto i nostri due caffè, uno subito dopo pranzo e uno poco dopo il dopo pranzo.
Abbiamo chiacchierato.
Abbiamo riso degli atti folli di canetto.
E come sempre mi sono sentita a casa. E ora che sono a casa, avevo bisogno di un altro momento di casa e sono venuta qui, sul blog. Perché è uno dei posti che mi consolano, a suo modo. Non che abbia bisogno di consolazione, non oggi certo, ma è uno di quei luoghi caldi, come il cuore di cioccolato fondente in un dolce.
Stamattina appena alzata mi sono innervosita per vari motivi, tutti legati all'ignoranza della gente, ma in questo momento li ho scordati tutti. Anzi li ho relegati in un angolo al quale per ora non ho nessuna intenzione di dare nemmeno uno sguardo, perché non serve. E perché ora è passato tutto.
Ieri mentre ero in macchina ho sentito mio papà. Ovviamente non nel senso vero e proprio, e nemmeno nel senso che sono matta e ho le allucinazioni. Ma così, d'improvviso, ho pensato a lui. E l'ho riconosciuto in qualche mio gesto e in qualche parte del mio corpo, o una posizione, non lo so. Ma era proprio come se fosse lì. Ho rimuginato un po' su come sarebbe stato bello, adesso, se ci fosse stato ancora, mi sarebbe venuto a trovare, con mia mamma o da solo in uno dei suoi giri in auto, gli avrei offerto il caffè e il nostro rapporto sarebbe migliorato. E invece, che peccato, non ne abbiamo avuto l'occasione.
È stato comunque un ricordo e un pensiero dolce e me lo sono tenuto stretto.
L'altro ieri ho detto a mio marito: – Dopo che hai portato a casa Bimbo, perché non ti fermi a prendere due coppette di gelato? E ci aveva pensato anche lui, perché siamo uguali e abbiamo desideri simili molto spesso. È stato un buon momento anche quello.
Poi ho finito di leggere Follie di Brooklyn e mi è piaciuto molto. Era il libro giusto al momento giusto, e ci tornerò. E Ale ha detto: – Amore finisce di leggere i libri anche dopo che ha letto tutto il giorno per lavoro.
È vero, ma adesso mi tocca selezionare, non posso più leggere qualunque cosa altrimenti non ce la faccio. Quindi lo spazio è solo per i libri buoni.
E ieri sera, invece, mentre gli raccontavo una cosa (per la precisione, gli stavo raccontando del giardino grande dietro casa e di quando io e mio fratello ci giocavamo) lui di punto in bianco se n'è uscito con un: – Dovresti scrivere un libro. – Sulla mia infanzia? – No, è che descrivi tutte le cose così bene.
Vi giuro che mi sono commossa.
Poi abbiamo parlato di una cosa molto bella che potrebbe essere un bel progetto, ma non ve la posso raccontare perché le idee vanno conservate e coltivate ben bene, prima.
Capite? Anche noi ci crogiolamo pigramente sul divano e magari lui si guarda la partita di Champions League, però facciamo anche tutte queste cose, parliamo sul serio, e quindi, alla fine, mi va bene anche la Champions League.
Abbiamo bevuto i nostri due caffè, uno subito dopo pranzo e uno poco dopo il dopo pranzo.
Abbiamo chiacchierato.
Abbiamo riso degli atti folli di canetto.
E come sempre mi sono sentita a casa. E ora che sono a casa, avevo bisogno di un altro momento di casa e sono venuta qui, sul blog. Perché è uno dei posti che mi consolano, a suo modo. Non che abbia bisogno di consolazione, non oggi certo, ma è uno di quei luoghi caldi, come il cuore di cioccolato fondente in un dolce.
Stamattina appena alzata mi sono innervosita per vari motivi, tutti legati all'ignoranza della gente, ma in questo momento li ho scordati tutti. Anzi li ho relegati in un angolo al quale per ora non ho nessuna intenzione di dare nemmeno uno sguardo, perché non serve. E perché ora è passato tutto.
Ieri mentre ero in macchina ho sentito mio papà. Ovviamente non nel senso vero e proprio, e nemmeno nel senso che sono matta e ho le allucinazioni. Ma così, d'improvviso, ho pensato a lui. E l'ho riconosciuto in qualche mio gesto e in qualche parte del mio corpo, o una posizione, non lo so. Ma era proprio come se fosse lì. Ho rimuginato un po' su come sarebbe stato bello, adesso, se ci fosse stato ancora, mi sarebbe venuto a trovare, con mia mamma o da solo in uno dei suoi giri in auto, gli avrei offerto il caffè e il nostro rapporto sarebbe migliorato. E invece, che peccato, non ne abbiamo avuto l'occasione.
È stato comunque un ricordo e un pensiero dolce e me lo sono tenuto stretto.
L'altro ieri ho detto a mio marito: – Dopo che hai portato a casa Bimbo, perché non ti fermi a prendere due coppette di gelato? E ci aveva pensato anche lui, perché siamo uguali e abbiamo desideri simili molto spesso. È stato un buon momento anche quello.
Poi ho finito di leggere Follie di Brooklyn e mi è piaciuto molto. Era il libro giusto al momento giusto, e ci tornerò. E Ale ha detto: – Amore finisce di leggere i libri anche dopo che ha letto tutto il giorno per lavoro.
È vero, ma adesso mi tocca selezionare, non posso più leggere qualunque cosa altrimenti non ce la faccio. Quindi lo spazio è solo per i libri buoni.
E ieri sera, invece, mentre gli raccontavo una cosa (per la precisione, gli stavo raccontando del giardino grande dietro casa e di quando io e mio fratello ci giocavamo) lui di punto in bianco se n'è uscito con un: – Dovresti scrivere un libro. – Sulla mia infanzia? – No, è che descrivi tutte le cose così bene.
Vi giuro che mi sono commossa.
Poi abbiamo parlato di una cosa molto bella che potrebbe essere un bel progetto, ma non ve la posso raccontare perché le idee vanno conservate e coltivate ben bene, prima.
Capite? Anche noi ci crogiolamo pigramente sul divano e magari lui si guarda la partita di Champions League, però facciamo anche tutte queste cose, parliamo sul serio, e quindi, alla fine, mi va bene anche la Champions League.
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