Oggi per questioni burocratiche dovevo andare a Udine ma c'era sciopero dei treni e alla fine ho rimandato il tutto. Con nessun dispiacere, perché così ci ho solo guadagnato tempo per la giornata di oggi, per il lavoro e per tutto il resto. E il cane fa i salti di gioia visto che sono ritornata a casa... :)
Così riesco ad avere dieci minuti per me e per raccontarvi la storia di Dafne.
Dafne era una ninfa, figlia di Gea, la madre Terra, e del dio del fiume (Peneo). Era una sacerdotessa e ninfa dei boschi, che trascorreva le giornate felice a cacciare e probabilmente a pensare agli affaracci suoi.
Un giorno Apollo, dopo aver ucciso Pitone, il serpente, con una freccia, se ne va in giro tutto orgoglioso e baldanzoso per la sua bella impresa e sulla strada gli capita di incontrare nientemeno che Eros, il dio dell'ammmmore. Eros, che con arco e frecce ci sa fare e mica poco, non ha mai compiuto un'impresa tanto degna di gloria come quelle di Apollo (chissà se con la pelle di Pitone ci s'è confezionato un paio di scarpette di serpente) e quel simpa di Apollo (quello che oggigiorno definiremmo un gran rompipalle) si burla di Eros. Eros, che è tanto buono e tanto caro ("ma una cinquina de Hokuto non te la leva nessuno" pare abbia detto [questa è una cit. da Zerocalcare]), dicevamo al buon caro Eros quando gli girano gli girano, e mica poco. E come se non bastasse, quello mica ti punisce con l'odio, no no, ti punisce con l'amore, che è pure peggio. Eros fabbricava due tipi di frecce: il primo tipo erano quelle d'oro, che accendevano la passione. Il secondo tipo erano quelle di piombo, che l'amore lo respingevano. E così scocca una bella freccia dorata nel cuore di Apollo. E tu dici vabbè, si innamora. Sì, ma la seconda freccia, quella di piombo, la scaglia dritta nel cuore di Dafne, la nostra cara ninfa che non c'entrava una beneamata. Apollo vede Dafne e si innamora giù duro, Dafne invece non ne vuole sapere e scappa e si nasconde. Apollo passa un inferno a correre fra i boschi cercando la bella ninfa, perché a quanto pare quando sei innamorato ogni secondo che passi lontano dall'oggetto del tuo amore la sofferenza è tremenda (a casa mia si chiama "essere psicopatici"). Alla fine Apollo riesce a trovarla la sua bella ninfa, ma lei continua a non volerne sapere di lui e non sa cosa fare per sfuggire a quello che oggi chiameremmo STALKER. Così Dafne chiede aiuto a mammina (si sa, la mamma è sempre pronta a difendere i propri figlioletti) e la madre Terra corre in suo aiuto: e trasforma Dafne in un albero. Una pianta. L'alloro, per la precisione. Apollo si aggrappa al tronco ma non può più nulla. Dafne è diventata un albero. Quando si dice: amore che uccide. No dico, Apollo è un rompicazzi di prima natura che va in giro a prendere per il culo gli altri perché lui è fico e caccia i serpenti. Eros, permalosetto anziché no, lo punisce, e ha pure ragione, anche se è uno di quelli che seminano un po' troppa zizzania per i miei gusti. Ma Dafne, che si faceva gli stramaledettissimi suoi, doveva per forza finire con le radici piantate a terra? Capisco che nel bosco stava bene, capisco che Apollo deve essere stato davvero insopportabile, ma Madre Terra, Gea, famo a capisse, non potevi fare qualcos'altro, che so, tagliar il soave augello di Apollo? Trasformarlo in un anemone di mare? Che almeno se ne stava zitto?
Da questa storia cosa capiamo? Che a volte invece di chiedere aiuto alla mamma sarebbe meglio arrangiarsi con quel che si ha in casa: una forchettata, un manico della scopa, qualsiasi cosa. Siamo per il riciclo qui.
Ah, dimenticavo che da quella volta le foglie di alloro, il lauro, la pianta in cui è stata trasformata Dafne, sono le foglie che decorano il capo dei vincitori, dei poeti e dei laureati a cui viene insieme intonato il famoso cantico: "Dottore, dottore, dottore del buso del cul, vaffancul" (almeno qui nel Nordest). E Apollo da quella volta si orna capo, cetra, faretra e non oso immaginare quali altri attrezzi con le foglie di questa pianta. Insomma, oltre al danno, pure la beffa.
Così riesco ad avere dieci minuti per me e per raccontarvi la storia di Dafne.
Dafne era una ninfa, figlia di Gea, la madre Terra, e del dio del fiume (Peneo). Era una sacerdotessa e ninfa dei boschi, che trascorreva le giornate felice a cacciare e probabilmente a pensare agli affaracci suoi.
Un giorno Apollo, dopo aver ucciso Pitone, il serpente, con una freccia, se ne va in giro tutto orgoglioso e baldanzoso per la sua bella impresa e sulla strada gli capita di incontrare nientemeno che Eros, il dio dell'ammmmore. Eros, che con arco e frecce ci sa fare e mica poco, non ha mai compiuto un'impresa tanto degna di gloria come quelle di Apollo (chissà se con la pelle di Pitone ci s'è confezionato un paio di scarpette di serpente) e quel simpa di Apollo (quello che oggigiorno definiremmo un gran rompipalle) si burla di Eros. Eros, che è tanto buono e tanto caro ("ma una cinquina de Hokuto non te la leva nessuno" pare abbia detto [questa è una cit. da Zerocalcare]), dicevamo al buon caro Eros quando gli girano gli girano, e mica poco. E come se non bastasse, quello mica ti punisce con l'odio, no no, ti punisce con l'amore, che è pure peggio. Eros fabbricava due tipi di frecce: il primo tipo erano quelle d'oro, che accendevano la passione. Il secondo tipo erano quelle di piombo, che l'amore lo respingevano. E così scocca una bella freccia dorata nel cuore di Apollo. E tu dici vabbè, si innamora. Sì, ma la seconda freccia, quella di piombo, la scaglia dritta nel cuore di Dafne, la nostra cara ninfa che non c'entrava una beneamata. Apollo vede Dafne e si innamora giù duro, Dafne invece non ne vuole sapere e scappa e si nasconde. Apollo passa un inferno a correre fra i boschi cercando la bella ninfa, perché a quanto pare quando sei innamorato ogni secondo che passi lontano dall'oggetto del tuo amore la sofferenza è tremenda (a casa mia si chiama "essere psicopatici"). Alla fine Apollo riesce a trovarla la sua bella ninfa, ma lei continua a non volerne sapere di lui e non sa cosa fare per sfuggire a quello che oggi chiameremmo STALKER. Così Dafne chiede aiuto a mammina (si sa, la mamma è sempre pronta a difendere i propri figlioletti) e la madre Terra corre in suo aiuto: e trasforma Dafne in un albero. Una pianta. L'alloro, per la precisione. Apollo si aggrappa al tronco ma non può più nulla. Dafne è diventata un albero. Quando si dice: amore che uccide. No dico, Apollo è un rompicazzi di prima natura che va in giro a prendere per il culo gli altri perché lui è fico e caccia i serpenti. Eros, permalosetto anziché no, lo punisce, e ha pure ragione, anche se è uno di quelli che seminano un po' troppa zizzania per i miei gusti. Ma Dafne, che si faceva gli stramaledettissimi suoi, doveva per forza finire con le radici piantate a terra? Capisco che nel bosco stava bene, capisco che Apollo deve essere stato davvero insopportabile, ma Madre Terra, Gea, famo a capisse, non potevi fare qualcos'altro, che so, tagliar il soave augello di Apollo? Trasformarlo in un anemone di mare? Che almeno se ne stava zitto?
Da questa storia cosa capiamo? Che a volte invece di chiedere aiuto alla mamma sarebbe meglio arrangiarsi con quel che si ha in casa: una forchettata, un manico della scopa, qualsiasi cosa. Siamo per il riciclo qui.
Ah, dimenticavo che da quella volta le foglie di alloro, il lauro, la pianta in cui è stata trasformata Dafne, sono le foglie che decorano il capo dei vincitori, dei poeti e dei laureati a cui viene insieme intonato il famoso cantico: "Dottore, dottore, dottore del buso del cul, vaffancul" (almeno qui nel Nordest). E Apollo da quella volta si orna capo, cetra, faretra e non oso immaginare quali altri attrezzi con le foglie di questa pianta. Insomma, oltre al danno, pure la beffa.
Commenti
Il cantico ai laureati mi fa piacere sia diffuso ovunque, so che in certe università i festeggiamenti a un laureato non sono altrettanto goliardici come da queste parti, in Veneto rasentano l'illegale, credo (ho visto lauree a Padova che voi umani non potete immaginare).