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Barney's Version

Finalmente, finito di fare le frittelle, mi viene voglia di scrivere di questo libro, La versione di Barney, di Mordecai Richler, che è stato il mio preferito del 2008 e penso che lo sarà comunque per sempre, almeno un po' ma per sempre.

In particolare i primi sei mesi del 2008 sono stati i più assurdi che abbia mai vissuto, ma almeno hanno portato questo di buono. E rileggerlo ogni tanto (sì sono di quelle che rileggono i romanzi, anche se sono lunghi) mi ha sempre fatto un che di bene.

La storia strampalata, avventurosa, cinica e nonostante ciò così innamorata di Barney Panofski mi resterà sempre nel cuore. L'ho sempre considerato un Holden Caulfield versione con dentiera e alzheimer, uno di quei personaggi che raccontano la loro storia raccontandone assieme mille altre. Panofski il mago della divagazione, che lascia a metà un aneddoto solo perché gli viene in mente che non si ricorda il titolo di un libro, o come si chiama quell'attrezzo da cucina che si usa per tirare su la minestra dalla pentola, o i nomi dei sette nani.
Anche un uomo insopportabile, a dire il vero, ma anche insopportabilmente umano.

Il libro è diviso in tre parti, ognuna porta come titolo il nome (o un riferimento) ad ognuna delle sue tre mogli, anche se in ogni capitolo si parla di tutto: passato e presente si intersecano con continui richiami, e comunque ogni cosa ricorda sempre lei: Miriam. È lei il centro di tutto, che Barney però non descrive in un blocco unico, ma a pezzi, a ricordi occasionali, ad aneddoti e basta un profumo, a volte un oggetto, una parola a fargli ricordare quando quella casa era riempita dalle risate di Miriam. Che non è morta come potreste pensare, ma se n'è andata. (Se vi dico il perché rovino la storia però).

Il cinico, e smemorato vecchio Barney, produttore di spazzatura televisiva per la Totally Unnecessary Production (e già il nome dice tutto), non fa che risultarci simpatico, con la sua irrispettosa maniera di dire sempre le cose come stanno, tutto quello che gli passa per la testa. Magari non siamo d'accordo, ma apprezziamo la sincerità. Certo vivere con uno così non deve essere semplice, mentre è però chiaro che anche il più grande stronzo della terra (anche se a dire il vero sembra esserci di peggio tra i personaggi che incontra o descrive lungo il romanzo) è capace di amare davvero e di essere amato, tanto che ogni difetto (be' quasi) diventa sopportabile. Solo quando parla di Miriam diventa un altro. Se lo potessimo vedere mentre ne parla, gli si illuminerebbero gli occhi. Ogni volta che la nomina l'impressione è quella. Ma è solo una grande nostalgia, che aumenta l'amarezza verso tutto il resto. Cosa che continua a rendercelo simpatico, oltre al fatto che, almeno questo è successo a me, qualche sua cattiveria viene voglia di condividerla in pieno. Ed è così spassoso!

Un ipotetico omicidio e Miriam sono le due cose attorno le quali il romanzo ruota, fino alla fine.
Miriam, amata Miriam. Sognare di diventare come Filemone e Bauci. Questo ha proprio l'aria di essere amore vero.

Commenti

Miky ha detto…
Mi commento da sola, chissà mai se i posteri leggeranno :D
Che strano rileggere questo blog adesso. Comunque bellissimo libro, lo ribadisco e lo ripeto anche un miliardo di volte.
Il 7 febbraio ancora non sapevo che sarebbe finita, anche se lo intuivo. Io intuisco sempre tutto porca vacca. D'altra parte ora non posso che dire "meglio così". A dire il vero non avrei mai pensato di guadagnare molto più di ciò che stavo perdendo. Perché dipende tutto dalle persone e da come tu riesci a essere con loro. È lì il segreto, è lì che si capisce tutto.
Se sono Bauci spero di aver trovato il mio Filemone.

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