Sono una grande fan delle prime volte, d'altra parte, chi non lo è.
Sono irripetibili, anche se sono cose che poi ripeti, poche o tante volte, ma le prime restano indelebili, nel bene e nel male. Non sempre sono belle, il che depone a favore delle seconde, terze ed ennesime, a volte però sono straordinarie. Per fortuna che sono accadute, anche se peccato che non possano riaccadere allo stesso modo.
Non ho mai sofferto di grandi nostalgie, ma si sa, l'età a volte fa questi scherzi. E comunque si cambia e anche questo ha una sua bellezza. Anche l'esperienza ha la sua parte di meraviglia. Non so perché si demonizzi sempre il trascorrere del tempo, ci si affanni nella corsa a cercare di andare all'indietro, continuare a sembrare giovani – sembrare chi non si è.
Non ho voglia di sembrare chi non sono, una lotta che in qualche modo ho portato avanti da sempre. Non mi trucco per non nascondermi, non significa che non mi prendo cura di me. Non ho le sopracciglia dipinte e non mi "faccio le unghie" (espressione che fra l'altro odio), né finte né dipinte, sì magari se ho voglia lo smalto può piacermi, ma la verità è che mi dà pure fastidio. Non ho mai capito perché le donne dovrebbero farsi tagliare le unghie dagli altri, sappiamo farlo anche da sole direi.
Suppongo faccia parte di quello che chiamiamo patriarcato questa spinta a dover essere esternamente ciò che pensiamo piaccia agli uomini, l'ho letto sicuramente da qualche parte. Anche se sono le donne a dircelo e quindi forse non è nemmeno vero, no? Anche dover sembrare delle Lolite con corpi da adolescenti (ho letto da qualche parte anche questo), cosa che trovo pure abbastanza malato.
Non so, non è una lotta che mi appartiene. Vorrei che non mi appartenesse. Vorrei che non mi tangesse. Vorrei che non mi facesse male, la paura di non essere mai abbastanza. Di voler coltivare tanto il dentro quando forse importa il fuori.
Sono fortunata – spero di esserlo almeno – perché so, razionalmente lo so, che non può essere tutta una questione di immagini, anche se nell'epoca di Instagram e simili è tutta una questione di immagini.
Ho voglia di tirarmi fuori dal meccanismo. Io mi faccio risucchiare dai meccanismi, salvo poi andare in corto.
Vorrei che fosse più semplice e più giusto tutto, ma secondo me di giusto c'è sempre molto poco. Però vorrei avere la fiducia di non soccombere. Vorrei vedere anch'io la meraviglia di me, che però non riesco a vedere in questo momento.
Però magari approderò anche a questo, e in fondo sarà una prima volta, che quelle poi non finiscono mai.
Sparisco. Divento sempre più piccola e poi sparisco. «e io mi sento, io mi sento, io mi sento vagamente ridicolo» (va letta cantando) Mi sento piccola e ridicola e scompaio. Un buco nero, come nella canzone de i cani. Non posso contare più tutte le volte in cui è successo, perché ho permesso agli altri di farmi sentire così. Scontata. Inutile. Piccola. Non conto le volte in cui solo poi mi sono resa conto che ti mettono una mano sulla testa per schiacciarti giù in modo da sentirsi più grandi. Bravi, un applauso. Non conto certo nemmeno gli errori che ho fatto io, ma mai per rimpicciolire nessuno. Per insicurezza, senza dubbio. Per bisogno di attenzioni, sicuramente. Niente di edificante, certo, ma mai intenzionata a distruggere un altro per sentirmi migliore. E invece c'è chi lo fa, chi gioca, manipola, ti fa credere cose che non sono, ti tratta come se non importasse per sentirsi importanti, finché poi non importi davvero più. Bravi, un applauso anche a voi. Sono sparita e diventa...
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