Passa ai contenuti principali

Molti forse, forse troppi

Ultimamente mi è capitato un po' per caso e un po' forse no di leggere molte cose sull'amicizia. Credo di non sapere bene cosa sia un amico/a, forse perché i miei amici sono tutti un po' lontani, e quindi non c'è mai una quotidianità d'amicizia per noi.
Forse perché la lontananza è stata una scusa sempre per allontanarsi un po', o perché troppa distanza porta a tenersi più distanti, a incastrarsi meno bene quando, dopo tanto, ci si incontra di nuovo.
Eppure con alcune persone mi incastro più che bene, anche se non le sento per un bel po'.
Forse è perché la immagino naturale e invece io ci devo sempre lottare un po'. O magari sono io che non sono tanto capace. O magari sono io che sono diffidente.
Ho stretto amicizie da adulta – da sola, non in coppia, mi rendo conto che in coppia è più difficile – che però fatico a mantenere. Io ci lavoro e mi ci impegno, ma loro forse sono già appagate da amicizie storiche nelle quali io non riesco a entrare. 

Forse innalzo muri invisibili a me che gli altri invece vedono. 

Forse abbiamo tutti così tanto da fare che è più difficile trovarsi oggi, rispetto un tempo, o forse, semplicemente, non ho trovato quelle giuste.
A volte vorrei riuscire a vedermi da fuori per riuscire a capire... Magari mi vedono come io vedo alcuni, alcuni conoscenti con cui giriamo spesso ma che alla fine dei conti non si rivelano mai amici sul serio. (Né di entrambi, né di uno solo dei due).

Forse sono avara di ti voglio bene in tutte le sue forme, perché non ne ho ricevuti molti da trovarmici a mio agio. Forse è per questo che dico di continuo ti voglio bene a mia figlia, che è il ti voglio bene più facile e spontaneo di tutti, perché voglio che abbia l'abitudine al ti voglio bene, non come me, che se lo dico sono quasi al punto di commuovermi, di solito. Insomma, significa che è importante sul serio.

[Comunque sia, non so perché, quando per dimostrare che non sono un robot devo cliccare sugli idranti mi viene sempre molto da ridere.]


Commenti

Post popolari in questo blog

Il mondo muto di Hector Mann

Insomma, Paul Auster. Il libro delle illusioni . David Zimmer è un professore universitario che d'improvviso perde tutto ciò che ama, in un modo che naturalmente sottolinea attraverso una serie di coincidenze: se non avessi, se l'insegnante di mio figlio non avesse, se... Ma è andata come è andata. Si rinchiude nel suo dolore e nelle bottiglie di whiskey quando, un giorno, guardando a caso una scena di un film muto, ride. Allora non tutto è perduto!, pensa. Sono ancora vivo. E così cerca di scoprire qualcosa su questo attore, Hector Mann, che è riuscito a farlo ridere in un momento tanto disperato. E scopre cose molto interessanti. Tipo che dopo il 1929 è sparito e di lui non si sa nulla. Sicuro come l'oro, ormai è morto. Decide di vedere tutti i suoi film, ma per farlo è costretto a viaggiare. E il fatto di dover anche prendere l'aereo non è cosa da poco, per lui. È interessante anche il suo incontro e dialogo con il dottor Singh, per farsi prescrivere de...

Sgretolarsi e (forse) ricomporsi

Provo a tenermi insieme, ma più spesso di quanto vorrei sento di sgretolarmi. Provo a tenere insieme tutte le parti di me che conosco, quelle che conosco meno, quelle che cerco di coltivare e provo a tagliare le parti che vorrei abbandonare, i famosi rami secchi, eppure ancora non c'è un tutt'uno. A volte mi pare che la risposta sia lì, a portata di mano. E forse lo è e solo io remo contro, mentre allungo il braccio. Ma tutta intera non mi ci sono mai sentita, nemmeno quando leggevo Caproni e credevo di capire tutto (ma avevo quindici anni e di sicuro non capivo niente). Provo a tenermi insieme e a capire a chi devo credere, di cosa fidarmi, chi temere. Percepisco un errore nel sistema e non so se tentare ancora di ripararlo o uscire a godermi il bel tempo. Dovrei propendere per la seconda, ma si sa, sono testarda. Oltre a cercare di tenere insieme me, cerco di tenere insieme anche tutto ciò che c'è fuori. Impresa titanica a dir poco che dovrei proprio lasciar perdere, ma a...

Tuffi

Cercando un'informazione di cui avevo bisogno fra i messaggi WhatsApp con mio marito, ho trovato conversazioni risalenti a una delle tante vita di prima, più precisamente quella in cui nostra figlia era molto piccola e io lavoravo solo il pomeriggio. Trascorrevamo le mattinate insieme, inforcavo la bici e la portavo al parco, tornavamo a casa e faceva un riposino mentre preparavo il pranzo, insomma, tutte quelle cose che mi sembrano lontane anni luce, ormai. È stato un momento molto tenero, con svariati piccoli tuffi al cuore al comparire di una foto di lei addormentata sul divano mentre guardava George la scimmia o di quando ancora mangiava il pesce senza lamentarsi. Durante le vacanze, un giorno eravamo in acqua a San Vito lo Capo e Ale le stava facendo fare i tuffi in acqua, a proposito di tuffi, e a un certo punto ha detto: "Godiamocela finché è ancora così, perché durerà ancora poco". Altro tuffo al cuore. Uccisa. Vacanza rovinata. Grazie tante. No, scherzo, però ci ...