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A cercar risposte


L'ultimo post che ho letto da Patalice (lo trovate qui) mi ha fatto riflettere sulle aspirazioni di quando si è piccoli. Mentre lo leggevo la mia testa faceva un percorso veloce partendo dall'asilo agli anni dell'università, alla ricerca della me bambina prima e giovane poi che cercava una risposta alla domanda: Cosa vuoi fare da grande?

Come rispondevo io a quella domanda?
Finché ero piccola probabilmente sparavo la prima cosa che mi veniva in mente: credo di aver enunciato i lavori più disparati. È probabile che nel giro di pochi giorni la mia risposta potesse passare da maestra a infermiera ad astronauta e perfino elettricista (so che c'è stato un periodo in cui l'ho detto, volevo seguire le orme di papà).
Avevo più certezze su quel che non sapevo fare e quel che non volevo diventare: di sicuro non ero capace di disegnare, quindi escludevo abbastanza a priori tutto ciò che poteva ruotare attorno all'arte o anche al disegno tecnico (che mi piaceva, ma la mia mano non era così precisa). Matematica e italiano non avevano per me grossi segreti, e non avrei saputo trovare una preferenza: della matematica amavo il fatto che non fosse opinabile, di italiano amavo proprio l'opinabilità, di conseguenza, la possibilità dell'improvvisazione.
C'è stato un momento in cui ho pensato che non avrei mai e poi mai studiato lingue, perché non è che mi ci sentissi tanto a mio agio. Poi è arrivato il latino e le traduzioni, e lì ho pensato che forse c'era qualcosa da cavarne in questa potenzialità. (Di latino, sia chiaro, ora non ricordo più nulla, praticamente.)
Mi trovavo bene con le regole della grammatica, quelle della chimica e avevo una certa passione per la storia. La geografia fino a un certo punto, anche se più perché la si studiava poco che per altro. Di sicuro mi piaceva scrivere (anche le risposte ai compiti  scritti di storia e di filosofia, non per forza soltanto i temi di italiano).
Alla fine ho scelto di studiare lingue perché non era proprio lettere che poi cosa ci fai con una laurea in lettere, ma perché sembrava dare un minimo di nozioni che potevano tornar utili nella vita vera con buona pace di mamma e papà. Perché se anche il prof di italiano ti dice "se studi lettere poi cosa fai?" ti viene il dubbio che magari... E insegnare mi pareva un'opzione da non scartare, ma non era certo il sogno della vita.
Ho continuato a navigare un po' a vista finché alla fine non mi è venuto in soccorso Italo Calvino, e con Se una notte d'inverno un viaggiatore tutto mi è stato subito chiaro. Io volevo lavorare dietro ai libri. Dietro e non con. Con i libri può voler dire tante cose, io ero affascinata dal processo che ci stava dietro. Come si chiamava questa cosa? Editoria. Correzione di bozze. Editing. Impaginazione. Bene. Che possibilità avevo di finirci dentro? Be', poche probabilmente se non avessi dovuto trovare un tirocinio per guadagnare dei crediti universitari. E lì ho scoperto l'esistenza di uno studio nella città in cui studiavo che offriva un posto da tirocinante a un universitario che avesse bisogno di crediti. Era estate, ero ancora in Austria quando mi sono imbattuta in questa possibilità, con la testa fra le nuvole e la vita in mutamento. Ma ho subito cercato di mettermi in contatto con loro. In autunno sono stata ricontattata tramite l'università e sono finita a fare una prova per capire se c'era un po' d'attitudine. Da lì tutto è iniziato, mi sembra ieri e invece sono passati più di 10 anni, a volte mi sento ancora totalmente inesperta, e forse è anche questo il segreto di un lavoro che fai perché ti piace e che ti piace fare (aspetto che in un lavoro ha i suoi pro e i suoi contro), cioè che hai ancora sempre da imparare soprattutto perché VUOI imparare ancora.
E volevo dire un'altra cosa... come mi parla Italo Calvino attraverso i suoi libri, davvero solo pochi altri, forse nessuno. A volte vado ancora lì, in qualcuno dei suoi libri (e fra l'altro non li ho nemmeno letti tutti, mancanza alla quale devo assolutamente sopperire) a cercare risposte.
Voi dove le cercate, invece, le vostre risposte?

Commenti

Anonimo ha detto…
Da piccolissimo volevo fare il camionista :D, quando frequentavo le scuole elementari puntavo a diventare ingegnere, ma ai tempi delle superiori ho capito che preferivo l'italiano alla matematica...da lì ho scelto di abbandonare totalmente i sogni di diventare un ingegnere. Ma contestualmente c'è sempre stata la passione per il calcio :D e di lavorare nel settore :D.

Dove cerco le risposte? Generalmente le cerco in me stesso...
Miky ha detto…
Eh sì, ma a volte per farle emergere ci vuole un aiutino, ognuno ha il suo modo per tirar fuori le risposte...:)
Franco Battaglia ha detto…
Fare l'editor rimarrà il mio sogno a vita, ma pure il bibliotecario impolverato, comunque i libri rimarranno sempre imprescindibili da me.. per la disperazione di mia moglie (quando entro in una libreria.. resto impigliato a tempo indeterminato..)..
Le risposte dici?... tra una pagina e l'altra.. ma spesso son più le domande che escono fuori... e quindi un circolo viziosissimo che adoro.. ;)
Miky ha detto…
caro @franco, fare l'editor è affascinante ma in genere si fa abbastanza la fame. O almeno, finché sei solo a lavorare per gli altri da freelance. Però ammetto che finisco per continuare a scegliere questo lavoro, anche quando pagare tasse, INPS annessi e connessi ti toglie il fiato e la voglia di tenere aperta la partita IVA. Spero di riuscire presto a cambiare un po' di cose, unendo le forze con altre persone... un passo alla volta, vediamo che cosa si riesce a mettere in piedi ;)
Mareva ha detto…
Io ho sempre voluto fare il chirurgo, fino ai 17 anni.
Poi ho perso le mie risposte e ancora non le ho ritrovate.
Miky ha detto…
@Mareva chissà, evidentemente non era quella la risposta giusta, anche se credevi di sì. A volte mi chiedo se andiamo avanti più con le risposte giuste o con le domande.
Miss Dreamer ha detto…
"Ai più importanti bivi della vita non c'è segnaletica" Ernest Hemingway


www.missdreamer.altervista.org

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