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8/52 Hai voluto la bicicletta? Adesso pedala!

Credo di essermelo detta tante volte, in momenti di difficoltà. Una frase che però nessuno mi ha mai detto, parole che non pronuncerei, penso, a nessun altro. Solo a me stessa, perché è con me che sono ipercritica, e a me stessa che dico che non devo mollare, che devo trovare l'opportunità nella difficoltà, che non devo darla vinta all'indolenza o allo sconforto, perché le risorse che possiedo, e lo so bene, sono tante.
Ed è così che mi sento la maggior parte del tempo, cercando di limitare le negatività e credendo più nella possibilità che nell'impossibilità.
E con le persone importanti nella mia vita, quelle di adesso e quelle che ci saranno in futuro, faccio lo stesso: no, dire te la sei voluta non serve a spronare una persona a fare meglio, è un po' come dare una colpa ed è quasi come arrendersi, scaricare responsabilità quando qualcuno chiede aiuto. Perciò no, non dico adesso pedala, magari dico altro, qualcosa che suonerebbe come un Puoi pedalare, sei in grado di farlo, e se vuoi ti spiego perché lo credo.
Pedalo io e pedaliamo tutti, la maggior parte di noi lo fa senza darsi per vinta e senza risparmiarsi e sì, l'ha voluta, la bicicletta.
In fondo senza quella bici che cosa saremmo? Ci limiteremmo a lasciare che la vita ci accada invece di andarcela a cercare, di morderla, di sfidarla, di lasciarci sconfiggere solo per poter dire be', ma so anche rialzarmi, e a volte vincere (si spera IL PIÙ delle volte).
Insomma sì, "Hai voluto la bicicletta" è un po' com'era il "Buona fortuna" per Holden Caulfield. Non è terribile, se uno ci pensa? Perciò no, non è una frase che dico agli altri.
Ma a me lo dico di continuo. Quando accetto di ricominciare a fare un'ora di ripetizioni alla settimana, anche se mi sembra di non avere tempo di aggiungere impegni agli impegni; quando dico sì, lo scrivo io l'articolo in più che manca nel sito; quando dico okay, vengo a pranzo da te (ma in realtà ho delle scadenze così serrate che "sogno" di non muovermi dalla scrivania); sì, provo a imparare una cosa nuova (cose non richieste dagli altri, queste sono zappate nei piedi che mi do da sola); d'accordo, adesso inizio questo nuovo libro e, cavolo, vado fino in fondo. E ho deciso che scrivo sul blog, scrivo sul blog e non c'è santo che tenga, lo faccio. 
Tutta una serie di autoimposizioni, di sì che potrebbero diventare tranquillamente no e invece lascio che siano sì, perché vorrei fare tutto e di più e non mi sembra mai abbastanza. Perché ho questa spinta dentro di fare il più possibile, di esprimere in più modi, di andare fino in fondo a una faccenda e di iniziarne una nuova, eppure mi sembra continuamente di non essere all'altezza e di non aver fatto abbastanza, e di qui l'ansia di voler fare ancora. Di voler fare meglio. 
Adesso sto pedalando, me la sono scelta e per ora sta andando bene. Non sarà sempre così, ma non so per quale strano motivo la "io" ansiosa in questo istante della mia vita è nascosta, seppellita non so assolutamente dove, tanto che sono anche un po' preoccupata per lei. Ed è rimasta una io che dice continuamente che ce la può fare e che non si preoccupa molto del resto, insomma, una io così fiduciosa che, sentite un po', quasi non riconosco. Chi è questa qui? 
Non lo so, cosa devo dirvi?, sono solo diventata una in bicicletta che pedala.

Commenti

Mareva ha detto…
Imporsi situazioni, azioni, letture, film, la vita... quanto ti capisco. Lo faccio spesso anche io, sai, per paura di non vivere mai abbastanza, di non essere mai abbastanza. Poi, ogni tanto mi fermo, perché ho paura di smarrirmi in tutto questo caos.
Miky ha detto…
sì, è importante anche imparare a fare pause, e godersele. Buon fine settimana! :)

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